A rischio il “modello Riace” per l’accoglienza migranti. Il sindaco lucano inizia lo sciopero della fame

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Non vuole sentire pronunciare la parola clandestino. Per lui dovrebbero cancellarla dal vocabolario. “Al mondo nasciamo liberi, senza barriere, non possiamo tenere gli uomini all’interno di un recinto, siano essi neri, gialli, bianchi o rossi”. Mimmo Lucano è il sindaco di Riace ed ha portato il suo comune nelle cronache delle principali testate internazionali come modello d’accoglienza per i migranti. “Tutto è iniziato con uno sbarco sulla nostra costa diversi anni fa – racconta – e lì ho capito che fare il sindaco non doveva ridursi ad una mera manutenzione ordinaria del territorio, ma andare oltre, interessarsi delle persone, di coloro che ti chiedono aiuto, che scappano dalle guerre e dalla fame”. Quello sbarco nello stesso mare che per secoli ha custodito i famosi bronzi, cambiò la sua vita, non solo come amministratore, ma anche come uomo. Ora il sindaco Lucano è nel pieno del “Riacefestival” che come ogni anno dal 2 al 6 agosto porterà nel paesino della Locride spettacoli, dibattiti, concerti. E proprio ieri in apertura della kermesse ha annunciato l’inizio dello sciopero della fame perché il suo Comune è stato escluso dalla ripartizione dei fondi per i progetti d’accoglienza che il piccolo centro calabrese da anni porta avanti. Un’iniziativa che è appunto diventata il “modello Riace”, dove si è riusciti a finanziare piccole attività imprenditoriali che hanno coinvolto i migranti rendendo vivibile il centro storico. Al suo fianco in segno di solidarietà padre Alex Zanotelli, ispiratore della protesta che da diverse settimane porta in giro per l’Italia contro ogni forma di razzismo.

Sindaco perché il suo Comune è stato escluso?
“Non lo so. Ci troviamo in un vicolo cieco per stupidaggini burocratiche. Già il saldo dei fondi 2017 non è stato effettuato ed ora ci escludono del tutto. Ho la responsabilità di 175 persone e 70 bambini che devo tutelare”,

Qualcuno rema contro il suo modello?
“Le ripeto, non so cosa pensare. Certo potevano avvisarci a gennaio e non ora, evitando così di cumulare un debito alto”.

Lei ha trovato una soluzione ad un problema. Ora per caso è diventato Lei il problema?
“Mi sento una persona normale con in testa però un’idea di riscatto del territorio. Ogni giorno cerco di dare un contributo per creare un’immagine diversa della mia terra. Quel primo sbarco di tanti anni fa ha dato un impulso che definisco di umanità non soltanto al sottoscritto, ma a molti altri che vivono in questo territorio”.

E poi è anche un modo per far rinascere territori che a causa dell’emigrazione locale stavano morendo.
“Certo, siamo riusciti a rivitalizzare il centro storico con l’apertura di nuovi locali ed attività commerciali, siamo diventati un punto di riferimento per i piccoli Comuni come il nostro, altrimenti destinati all’oblio, perché non è semplice governare i nostri centri con le pochissime risorse a disposizione”.

Lei ha dato quindi una prospettiva a tanti. Ma come giudica il linguaggio che spesso la politica adopera quando si parla di migranti, tipo “la pacchia è finita” oppure quando le rischiose traversate cui donne, uomini e bambini si sottopongono vengono chiamate “crociere”?
“Molte parole dovrebbero essere cancellate dal vocabolario, come clandestino. Stiamo parlando di persone e come tali hanno una loro dignità. Non li distinguiamo per il colore della pelle, ma soltanto se hanno bisogno oppure no d’aiuto. Scappano dai loro territori a causa della guerra e della fame è prioritario per noi accoglierli. E le soluzioni per l’accoglienza e l’integrazione, come Riace dimostra, si possono trovare. Anche perché gli uomini nascono liberi, la terra è di tutti. Dobbiamo quindi contrapporci ad una politica che chiude i porti ed alza i muri”.

Ed ora cosa si aspetta da questa sua protesta?
“Certo al momento sono amareggiato. Ma è una partita che giochèrò fino all’ultimo, per il modello Riace ed anche perché ciò che succede oggi in Italia a me non è piace per niente”.


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