Il “pane sporco” che ci mangiamo

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di Vittorio V. Alberti

Cos’è la corruzione? Perché si usa questa stessa parola per un reato e per un fenomeno fisico che indica decomposizione, deterioramento? E le mafie? Perché abbiamo queste mafie con le loro differenti forme storiche e organizzative?
Sono domande semplici ma molto importanti, che partono da due parole – corruzione e mafia – sulle quali non ci chiediamo mai il significato essenziale, quello più profondo. Ed ecco cosa deve fare la cultura, in particolare la filosofia: partire dalle cose che si credono ovvie, e sulle quali, proprio per questo, non si pensa perché le si giudica già conosciute, già acquisite.
La cultura vera scardina l’ovvio, apre la mente attraverso due processi, l’istruzione e l’educazione. Con la prima, io prendo informazioni su cose che non so, con la seconda traggo da dentro di me la mia libertà.
Il mio libro “Pane sporco. Combattere la corruzione e la mafia con la cultura” vuole fare tutto questo, ma non con moralismo, ma impostando la questione sul piano intellettuale.
Beninteso, “intellettuale” non significa solo libri, biblioteche, faticare sui banchi, ma significa incuriosirsi ai propri talenti, vedere intorno a me cose che in genere non osservo bene. Una fra tutte, ciò che rende l’Italia una formidabile potenza culturale: il suo patrimonio storico-artistico-architettonico. Grazie alla bellezza della nostra arte, possiamo educarci contro la corruzione.
L’arte è l’universale, la ricerca continua e infinita; la corruzione, prima che un reato è una condizione mentale, che significa ottusità, chiusura, schematismo, negazione del libero pensiero. L’una e l’altra sono nemiche. Riflettiamo: se io resto chiuso in una stanza nella quale chiudo porte e finestre cosa succede? Dopo un po’ l’aria si vizia, cioè si corrompe. Avviene lo stesso nel nostra modo di pensare.
“Pane sporco” parla certamente del reato di corruzione e parla di mafie, ma parla soprattutto di corruzione culturale, di deterioramento della mentalità, del linguaggio, parla dei media, dell’agire politico privo di ideali e di visione, parla della mancanza dei maestri, parla della qualità.
E lo fa senza eccedere in moralismi, ma in un modo che mi auguro apprezzabile, cioè con brevi capitoletti da leggere uno al giorno, nel quale ci sono informazioni e, insieme, spunti per ragionare su cose che riguardano realmente ciascuno di noi.
“Pane sporco” è, quindi, una sorta di libro di esercizi mentali e culturali che vanno a conficcare lo sguardo lì dove riteniamo di aver già capito tutto, ma dove invece non abbiamo capito nulla.
Questo metodo, perché? Perché per combattere la corruzione e la mafia con la cultura non bisogna “educare alla legalità” come in genere si sente dire, anche giustamente, ma occorre solo educare e istruire. Poi la legalità verrà da sé. Se imparo qualcosa su Leonardo da Vinci o su Falcone o su Fellini io mi educo, ed educandomi non mi corrompo. L’educazione e l’istruzione sono i veri antidoti contro la mafia e la corruzione. Le arti, le librerie, la carta, la musica, la pittura, il ragionamento e tante altre cose, sono veri e propri arsenali di bellezza, contro l’ottusità della corruzione, che peraltro è il primo linguaggio delle mafie.
“Pane sporco” è un testo buoni per tutti, non è un testo accademico. Fondamentali sono la prefazione e le conclusioni del libro. La prima è del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che parla da storico. Le seconde sono di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, che parla da pedagogo.
Questo libro segue una precedente pubblicazione (del 2017): un libro-dialogo che ho scritto con il cardinale africano Peter Turkson, con la prefazione di Papa Francesco. Il titolo di quel libro è “Corrosione. Combattere la corruzione nella chiesa e nella società”. Entrambi i volumi, “Pane sporco” e “Corrosione” allargando il ventaglio delle domande e offrono uno sguardo ampio dell’idea che in genere tutti noi abbiamo di corruzione. Di norma, naturalmente, si descrivono fatti di cronaca, o se ne parla in politica. Io cerco di offrire una visione antropologica, culturale, filosofica, perché noi studiosi di filosofia dobbiamo parlare di queste cose per dare il nostro contributo alla lotta per una società più libera e più giusta, per difendere la democrazia e costruire una Europa colma di ideali e speranze. “Filosofico” non significa massimi sistemi o testa fra le nuvole, ma domande semplici e concrete, come quelle che fanno i bambini.
Noi stiamo molto lavorando con le scuole, le università, le carceri, le accademie e tante altre istituzioni perché la guerra culturale alla corruzione e alla mafia si fa anche ricucendo la nostra società, che sempre più si sta disunendo, sempre più si sta corrompendo: parlo di linguaggio e di condotta, di prodotti culturali, di comportamenti politici, parlo del sistema nazionale corrotto nel suo complesso.
Dico “noi” perchè abbiamo formato un gruppo internazionale di lavoro su questi argomenti. Don Ciotti e Pignatone sono in questo gruppo, che il Vaticano ha riunito l’anno scorso con cristiani e non cristiani. Stiamo andando avanti e “Pane sporco” si sta rivelando una sorta di manuale di istruzioni, valido per tanti, dai più piccoli agli adulti. L’obiettivo è agire in modo sistematico, sinergico e non episodico in primo luogo con i grandi assenti del nostro tempo: i giovani che speriamo possano coltivare la speranza e la disciplina dell’impegno.

Il libro: “Pane Sporco. Combattere la corruzione e la mafia con la cultura”, Rizzoli


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