“Le dipendenze tecnologiche. Valutazione, diagnosi e cura” di Giuseppe Lavenia (Giunti, 2018)

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Quasi metà della popolazione mondiale utilizza internet. In Italia le connessioni da dispositivi mobili sono 80 milioni, pari al 134% della popolazione (stimata in quasi 60 milioni di persone), nella misura in cui in tanti dispongono di più dispositivi legati al medesimo account. È bene allora, e anche doveroso per certi punti di vista, rendersi conto di quanti accedono a esso, per quanto tempo e finalizzato a che cosa. E questo è esattamente lo scopo della ricerca condotta da Giuseppe Lavenia e che ha portato alla scrittura di Le dipendenze tecnologiche. Valutazione, diagnosi e cura, edito da Giunti a gennaio 2018. Un saggio sulle potenzialità del cervello umano e delle tecnologiche, sull’uso di entrambi ma, soprattutto, sull’abuso nell’utilizzo della Rete e sulle sue patologiche e deleterie conseguenze.

L’immensa diffusione di internet può considerarsi a tutti gli effetti un fenomeno di massa che si estende a tutti i Paesi e «diviene realmente globale, coinvolgendo la popolazione mondiale al di là delle differenze di genere, razza, etnia, ceto, religione». Una vera e propria rivoluzione con tantissime sfaccettature positive, come sottolinea lo stesso Lavenia nel testo, ma che rischia di diventare un boomerang allorquando soprattutto, ma non in via esclusiva, per i “giovani adulti” l’uso del proprio smartphone è «diventato così essenziale da richiedere di controllarlo e utilizzarlo in qualsiasi momento». Una dipendenza. Ecco di cosa si tratta. Una patologia che colpisce sempre più persone e che ha sintomi, devianze e livelli di gravità molteplici.

Il linguaggio di internet è interattivo e ipertestuale, le comunicazioni sono veloci, velocissime, garantiscono facilmente l’anonimato e regalano ai produttori come anche agli stessi fruitori un tanto benefico quanto ambiguo «senso di infinitezza». La Rete ma soprattuto i social creano con una certa semplicità ciò di cui l’utente come persona ha sempre bisogno, ovvero un «supporto sociale», una rete  fatta di esseri umani questa volta che gli danno il supporto cercato con like, commenti, emoticon, messaggi… Tutto ciò “fa stare bene” nell’immediato ma quanto è reale? E quanto invece è effimero e magari anche controproducente?

Navigando in internet attraverso computer, tablet o smartphone si compiono azioni ed esperienze sensoriali limitate che danno una percezione alterata della realtà, quella vera non virtuale. Si possono addirittura creare dei personaggi, gli avatar, che sono versioni edulcorate e autocelebrative di se stessi, modellate sugli ideali cui si fa riferimento oppure sui modelli che si pensa gli altri vorrebbero vedere.  Solamente che spesso si finisce con l’identificarsi in tutto e per tutto con l’avatar, staccandosi dalla vita vera. La dipendenza da MUD o giochi di ruoli online può portare a quel fenomeno definito hikikomori, in base al quale i giovani «di fronte a molteplici disagi della crescita, al fenomeno del bullismo e della competizione imposta dalla società impiegano la modalità della fuga nella tecnologia».

Fenomeno pericolosamente in crescita, anche in Italia, come il blue whale, il «modello manipolatorio di gruppo» che, seguendo un preciso «iter di manipolazioni e sottomissione», mette progressivamente a repentaglio la vita della vittima. Processo per certo agevolato dal «meccanismo di condivisione virtuale» che «potenzia l’effetto di distacco dal mondo reale».

La gran parte delle patologie comunque, sottolinea Lavenia, sono presenti anche nella vita offline, solo che con internet divengono di più facile accesso e perciò più diffuse:

  • Sovraccarico cognitivo
  • Gioco d’azzardo
  • Trading
  • Shopping convulsivo
  • Porno-dipendenza

Si assiste sempre più di frequente a manifestazioni più o meno gravi di nomofobia, ovvero di paura di rimanere fuori dalla connessione mobile e questi sono atteggiamenti che non possono e non devono essere minimizzati. Piuttosto è necessario provvedere a una corretta prevenzione e una tempestiva diagnosi. Ed è in questa fase che il libro di Lavenia diventa ancora più tecnico, con la descrizione analitica dei sintomi dei vari disturbi e patologie come anche degli strumenti di valutazione, in particolare i test, e dei protocolli di intervento, rimanendo al contempo utile e accessibile.

Nonostante i molteplici aspetti tecnici, Le dipendenze tecnologiche permane un saggio interessante e di facile comprensione anche per un lettore comune. Una lettura piena di informazioni teoriche ma soprattutto pratiche, con esempi concreti che agevolano l’immissione o meglio la re-immissione di problemi seri nel contesto della vera vera, reale. Perché è proprio questo il punto su cui invita a riflettere il saggio di Giuseppe Lavenia. Per quanto possano essere virtuali le realtà create e usate online ricadono inevitabilmente in quella che è la vita reale, offline. Sembra un’affermazione ovvia ma poi, guardando i numeri delle ricerche, non lo è, come il testo di Lavenia può sembrare il resoconto su un argomento di cui tanto, forse troppo, si parla ma ci si rende conto fin dalle prime pagine che non lo è, nell’impostazione come nel contenuto. Un libro necessario ecco cosa in realtà è. Assolutamente da leggere.


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