Caso Rocchelli. Fnsi e Articolo 21 saranno al processo. Verità e giustizia per Andy e Andrej Mironov

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“La ricerca della verità e della giustizia per mio fratello Andy non è solo una questione privata che riguarda la mia famiglia. La verità va trovata per un’esigenza più grande: quella di difendere la libertà di informazione. Possiamo dire che il nostro lutto familiare è, in realtà, un lutto collettivo”.

Con queste parole di Lucia, sorella del fotoreporter pavese Andrea Rocchelli ucciso il 24 maggio 2014 in Ucraina, ha dato il via all’incontro che ieri pomeriggio si è svolto nella sala di Santa Maria Gualtieri a Pavia in ricordo di Andy e Andrej Mirokov uccisi il 24 maggio del 2014.

A promuovere l’appuntamento sono stati l’Alg (Associazione lombarda dei giornalisti) e la Fnsi (Federazione nazionale della stampa). L’incontro pubblico è avvenuto a poche settimane dall’apertura del processo a Vitaly Markiv, un combattente volontario delle milizie ucraine, arrestato nel giugno del 2017 a Bologna e accusato della morte di Rocchelli dalla Procura di Pavia “in concorso con ignoti”. Nell’agguato, avvenuto mentre il fotografo pavese stava realizzando un reportage sulla situazione e le sofferenze della popolazione civile del Donbass durante il conflitto tra separatisti filorussi ed esercito ucraino, furono uccisi anche Andrej Mironov, attivista russo per i diritti umani e un altro uomo che viaggiava con loro mentre un quarto passeggero, il giornalista William Roguelon, rimase gravemente ferito.

“I familiari di Andy Rocchelli non devono sentirsi soli. Saremo presenti al processo non solo per ricordare la figura di Andy, ma anche perchè c’è la necessità di fare piena chiarezza su questa vicenda nella quale, come in altri casi, un giornalista ha pagato con la vita il suo desiderio di raccontare sino in fondo la verità”. Lo ha detto Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, presente all’incontro promosso assieme all’Alg a Pavia per ricordare il fotoreporter ucciso nel 2014 in Ucraina. La posizione di Giulietti è stata condivisa anche dal senatore Luigi Manconi, coordinatore dell’Unar (Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni), che ha ricordato che “oggi sono 3226 gli italiani rinchiusi in prigioni all’estero: molti di loro hanno subito processi privi di qualsiasi garanzia”. L’avvocato Alessandra Ballerini, uno dei legali della famiglia Rocchelli, ha sottolineato che “per l’inchiesta sono state determinanti le testimonianze di alcuni giornalisti. Si è finalmente chiarito che non si è trattato di un incidente, ma di un agguato premeditato”. Elisa Signori, madre di Andy, ha ricordato alcuni “momenti di svolta” dell’inchiesta: “Il viaggio che ho effettuato con mio marito in Ucraina, l’anno dopo la morte di Andy, ci ha consentito di vedere il luogo dove è stato ucciso: era una fenditura profonda circa tre metri, nella quale ha cercato di nascondersi con i suoi compagni dall’agguato che avevano loro teso. E determinante è stato anche il ritrovamento della schedina delle ultime foto che ha scattato prima di essere ucciso”. “Ringraziamo tutti coloro che ci sono stati vicini e la Procura di Pavia che ha condotto con determinazione le indagini, nonostante la mancanza di collaborazione da parte delle autorità ucraine”, ha concluso la madre di Rocchelli.

Articolo 21, insieme alla Fnsi, sarà presente al processo che prenderà il via a fine aprile e ne seguirà tutte le fasi in segno di solidarietà alla famiglia ma anche per sostenere l’accusa affinché sia finalmente fatta giustizia per Andy e Andrej.


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