Continuare a lavorare per un mondo migliore. “L’ultima lezione” di Zygmunt Bauman (Editori Laterza, 2018)

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Esce in prima edizione a gennaio 2018 per Laterza L’ultima lezione di Zygmunt Bauman nella versione tradotta da Valentina Pianezzi e Fabio Galimberti, che si è occupato de L’eredità del XX secolo e come ricordarla; contenente anche un saggio di Wlodek Goldkorm.  Un libro con un grande insegnamento positivo, come sottolinea nella prefazione Fabio Cavallucci: «La crisi della storia, le avversità della natura, persino la natura spesso malvagia dell’uomo non possono impedirci di continuare a operare, a costruire, a lavorare per un mondo migliore». Un saggio frutto delle più profonde e importanti analisi di Bauman orientate dallo sforzo costante di individuare i fili nascosti della trama della vita sociale e di trasformare in senso comune le idee maturate nella propria ricerca intellettuale. Unico modo per garantire «quell’osmosi feconda tra riflessione e vita condivisa», come evidenzia lo stesso editore nella sua nota.

Un filosofare, quello di Zygmunt Bauman, che nasce spesso da «teorizzazioni delle sue vicende biografiche», ricorda a margine del saggio Goldkorm. Una biografia che ne ha di cose da raccontare, pregna di esperienze difficili e che hanno portato l’autore a vedere davvero il mondo con occhi diversi. Una visione globale del pianeta che abbraccia soprattutto i popoli e non, come si vorrebbe, soltanto le economie. Un’analisi obiettiva e a tratti ‘spietata’ degli errori commessi e protratti nell’affrontare conseguenze gravi, come le migrazioni globali di popoli, con una visione ancora troppo nazionalista e faziosa.

Un rifiuto nel vedere e soprattutto nel tentare di capire quanto sta accadendo nel mondo, il perché intere popolazioni sono costrette a migrare, nel razionalizzare, coscientemente o meno, che quanto sta accadendo a loro è, alla fin fine, casuale, nel senso che potrebbe un giorno accadere anche a noi. E se da un lato è vero che qualsiasi cosa accade nell’universo è casuale, lo è anche che le guerre «possiamo fare in modo che non scoppino». Tuttavia nello Stato moderno si preferisce scegliere la strada del rifiuto e della negazione con «l’esclusione di tutto ciò che è ingestibile e pertanto indesiderabile». Arrivando ripetutamente agli “omicidi categoriali”, allorquando «uomini, donne e bambini sono stati sterminati perché assegnati a una categoria di esseri da sterminare». E Bauman parla in maniera approfondita degli ebrei, degli armeni, dei kulaki, dei musulmani, degli induisti… sottolineando come «tutti i continenti della terra hanno avuto i loro hutu che hanno massacrato i loro vicini tutsi, e ovunque i tutsi del luogo hanno ripagato con la stessa moneta i loro persecutori».

Quello che conta è arrivare in cima e rimanerci, essere il più forte. L’inattaccabile. Mascherando la ferocia con la necessità di sopravvivere, un valore che «vale la pena perseguire di per sé, non importa quanto elevato possa essere il costo per gli sconfitti, e fino a che punto possano uscirne depravati e degradati i vincitori». Una lezione che Bauman stesso definisce “terrificante”.

Nel nostro mondo di modernità liquida, di rapida disintegrazione dei legami sociali e dei loro contesti tradizionali, le comunità, così come le società, possono essere soltanto conquiste, «artifizi di uno sforzo produttivo». E l’omicidio categoriale va inteso ormai come un sottoprodotto, «un effetto collaterale o una scoria della loro produzione».  Per Bauman, la rilevanza dell’olocausto «risiede nel suo ruolo di laboratorio», dove sono state condensate, portate in superficie e rese visibili «certe potenzialità, precedentemente diluite e sparpagliate, delle forme moderne e largamente condivise di convivenza umana». La lezione più importante che dà è il rivelare «il potenziale genocidiale innato nelle nostre forme di vita e le condizioni in presenza delle quali tale potenziale più produrre i suoi frutti letali».

Per tagliare alle radici la tendenza genocida «si deve dichiarare inammissibile il sistema dei due pesi e delle due misure», del trattamento differenziato e della separazione, che getta le basi per «una battaglia per la sopravvivenza condotta come gioco a somma zero». La “concorrenza sfrenata per la violenza” si alimenta dello stesso «disordine mondiale su cui prospera la concorrenza sfrenata per i profitti». Non esistono soluzioni locali a problemi globali e, in un pianeta in via di globalizzazione, «i problemi umani possono essere affrontati e risolti solo da un’umanità solidale».

Un grande saggio L’ultima lezione di Zygmunt Bauman, un testo che espone senza pregiudizi quanto accade o è accaduto e che propone delle soluzioni assolutamente non di parte, come è giusto che sia, se risolutive si vuole esse siano. Un libro assolutamente da leggere.


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