Governo. Continua il balletto delle dichiarazioni tra Salvini e Di Maio su chi sarà il premier

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Nel Pd Delrio la spunta su Guerini come capogruppo alla Camera

Di Pino Salerno

Nuove tensioni nella maggioranza che ha portato sugli scranni più alti del Parlamento la senatrice Alberti Casellati e il deputato Roberto Fico. Pare che qualcosa si sia rotto nell’accordo tra Salvini e Di Maio, registi di quella operazione, e principali protagonisti della formazione del nuovo governo. E se ieri Salvini confidava pubblicamente che certo non ne avrebbe fatto questione di vita o di morte essere nominato da Mattarella “esploratore” con l’incarico di verificare l’esistenza di una maggioranza di governo, e Di Maio invece, secondo le aperture di alcuni quotidiani, aveva lanciato la sfida “io premier e ministro di peso alla Lega”, il bilancio delle dichiarazioni del martedì volgono verso la tempesta.

“Il governo non si può fare se non sarà fatto premier Luigi Di Maio. Il voto dei cittadini va rispettato”, dice ai microfoni di “24 Mattino”, su Radio24, il deputato M5S Alfonso Bonafede. Il reddito di cittadinanza? “Si farà, senza se e senza ma”, sottolinea Bonafede che, sull’ipotesi di un accordo con Silvio Berlusconi per il governo, ribadisce: “Di Maio non farà mai il Nazareno”. Con questa premessa era facile attendersi la replica di Matteo Salvini. Lo fa nel corso della registrazione della puntata di Porta a Porta, condotta da Bruno Vespa. Insomma, dice Salvini, “se Di Maio dice ‘o io premier o niente’ non è il modo giusto per partire. Se Di Maio dice o io o nessuno sbaglia, perché a oggi è nessuno. Non puoi andare al governo dicendo o io o niente, altrimenti che discussione è?”. La Lega, aggiunge, “ha già fatto passi indietro” per far partire il lavoro della Camere “ma non è che possiamo fare passi indietro su passi indietro”. Inoltre, prosegue il leader del nuovo Carroccio nazional-popolare, “tutte le persone che sto incontrando mi dicono ‘adesso passate dalle parole ai fatti’, il mio obiettivo è la cancellazione della Fornero, la riduzione delle tasse, il controllo dei confini, l’espulsione dei clandestini. Da quello riparto, lo proporremo come centrodestra unito, la coalizione che ha vinto è una squadra. Da soli non si va lontano. Io sono pronto, c’è una squadra pronta”.  E ancora, “l’Italia non può permettersi preclusioni, arroccamenti o capricci”, ha detto il leader della Lega auspicando che tutto il centrodestra resti “disponibile a dialogare”. Ed ecco la proposta di Salvini ai 5stelle: “noi proporremo un’idea di Italia ai Cinque Stelle, che non duri 5 mesi ma 5 anni. Non pretendo di imporre il mio pacchetto, ma tutti devono ritenersi provvisori su questa terra, a maggior ragione nel governo”.

La controreplica di Di Maio è stata affidata al solito post su Facebook, ed è ambigua come sempre, oltre che istituzionalmente un tantino scorretta, poiché non ha ancora ricevuto l’incarico formale dal Presidente della Repubblica. In ogni caso, ecco cosa dice Di Maio: “La settimana prossima inizieranno le consultazioni del Presidente della Repubblica. Prima che inizino le convocazioni dei gruppi, il MoVimento 5 Stelle incontrerà tutte le forze politiche. L’obiettivo degli incontri è vedere chi è interessato a risolvere i problemi degli italiani e chi invece passa il tempo a pensare alle beghe interne dei partiti o delle coalizioni. Mi aspetto responsabilità da parte di tutti”.

Quanto durerà questo ennesimo scontro a furor di dichiarazioni alla stampa e sui social? Il 3 aprile, data di inizio delle consultazioni al Quirinale, pare ancora lontano, e forse saggezza imporrebbe ai due protagonisti che si parlasse di temi, problemi, questioni, Europa, piuttosto che turbarsi sul nome del premier, roba da prima Repubblica, da vecchi democristiani incalliti. Ma questo martedì è stato anche il giorno in cui i gruppi hanno eletto i loro presidenti. Se in Forza Italia non vi sono state sorprese, avendo eletto Bernini al Senato e Gelmini alla Camera, come concordato con Berlusconi, nel Partito democratico il dibattito è stato evidentemente molto forte se a Lorenzo Guerini è stato preferito Graziano Delrio, mentre al Senato è stato eletto Andrea Marcucci. Delrio è un renziano della prima ora, ed è ancora in carica per l’ordinaria amministrazione come ministro delle Infrastrutture. Dunque, se a Guerini sono state imputate responsabilità nella sconfitta del 4 marzo, perché non anche a Delrio? Mistero della fede, direbbero i cattolici ferventi alla Delrio. Nel gruppo misto sono stati eletti Federico Fornaro capogruppo alla Camera, e Loredana De Petris al Senato, entrambi eletti nella lista di Liberi e Uguali.

Da jobsnews


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