Dubček e Brèžnev: la vittima e il carnefice

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Dubček e Brežnev, quelli di Praga: la vittima è il carnefice. Era la notte fra il 20 e il 21 agosto 1968 quando il leader dell’Unione Sovietica, attuando la cosiddetta “dottrina Brežnev”, intervenne con i carri armati per fermare il tentativo di apertura e liberalizzazione del rigido sistema cecoslovacco messo in atto da Dubček e dal presidente della Repubblica Ludvík Svoboda nell’effimera stagione conosciuta come la Primavera di Praga.

Venticinque anni dalla morte del primo, trentacinque da quella del secondo: due anniversari che accomunano due figure che in vita sono state ben più che rivali, avendo Brežnev distrutto l’utopia non solo di un leader ma di un intero popolo, svelando così al mondo la vera natura di un regime purtroppo irriformabile e, di conseguenza, incompatibile con il concetto stesso di democrazia.

La strategia riformista di Dubček, al pari del manifesto Charta 77 di  Václav Havel quasi dieci anni dopo, furono gli unici sprazzi di libertà, progresso e speranza in un contesto per il resto caratterizzato dal grigiore e dalla mera esecuzione di ordini superiori sempre più inaccettabili.

A quasi mezzo secolo di distanza, quando ormai tutti i principali protagonisti di quella stagione non ci sono più, possiamo dire che Dubček è stato colui che ha tentato di dare un senso e una dignità al socialismo reale mentre Brežnev è stato colui che, di fatto, lo ha condannato a morte, nonostante il disperato tentativo di Gorbačëv di salvarlo attraverso la Perestrojka e la Glasnost degli anni Ottannta, quando ormai, però, il mondo era irrimediabilmente cambiato e la svolta a destra, favorita anche dall’insostenibilità del modello ad essa contrapposto, pienamente in atto grazie all’azione politica del duo Reagan-Thatcher. Solo allora, troppo tardi, fu chiaro a tutti chi fosse davvero la vittima e chi davvero il carnefice: non solo di un popolo ma di un intero sistema che, se fosse stato in grado di modificarsi e modernizzarsi dall’interno, avrebbe avuto qualche possibilità in più di non restare schiacciato sotto le macerie del Muro di Berlino.


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