Violenza alle stelle: da Weinstein allo swing. Quando le donne cominciano a parlare

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Il 10 ottobre 2017 il New Yorker pubblica l’inchiesta di Ronan Farrow dove più di trenta donne raccontano di violenze e molestie da parte di Harvey Weinstein, il potente produttore hollywoodiano. Sono impiegate, costumiste, modelle e grandi attrici che all’epoca dei fatti erano all’inizio della carriera: giovani che, invitate nella stanza d’albergo per discutere di lavoro, rimanevano intrappolate in uno spazio chiuso con un uomo fisicamente grande e socialmente potente che davanti a un diniego poteva troncare per sempre la loro carriera. Sono Rosanna Arquette, Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Judith Godrèche, Heather Graham, Mira Sorvino, Kate Beckinsale, Eva Green e molte altre come Lysette Anthony, che denunciò Weinstein per averla seguita a casa e stuprata, o Rose Mcgowan, alla quale il produttore propose un accordo di 100 mila dollari per “evitare un contenzioso”. Tra loro due italiane: Asia Argento e un’attrice che ha voluto mantenere l’anonimato e ha raccontato di essere stata stuprata nel bagno di un hotel a Beverly Hills nel 2013. Con un’inchiesta penale in corso a New York, Londra e Los Angeles, Weinstein è stato espulso dall’Academy, il presidente francese Macron gli ha tolto la Legion d’Onore, e i suoi amici hanno fatto mea culpa perché sapevano e non hanno mai parlato: il produttore Scott Rosenberg e il regista Quentin Tarantino hanno dichiarato che pur essendo a conoscenza dello schema “Weinstein”, tacevano come fosse una cosa normale.

Violenze che potevano avvenire ovunque, come racconta il suo autista al “Sun” parlando di aggressioni sul sedile posteriore della macchina: «un uomo che – dice Mickael Chemloul – in Costa Azzurra era noto come le porc». Un tornado che con le campagne #metoo, #quellavoltache e #balancetonporc – con cui s’invita a raccontare sui social le molestie – ha portato in superficie tutto quello che le donne hanno per troppo tempo taciuto per paura di non essere credute, di essere giudicate, di perdere il lavoro, di non essere sostenute dalla comunità. Un’onda che in queste settimane sta travolgendo gli Stati Uniti dove il direttore degli Amazon Studios, Roy Price, è stato costretto a dimettersi per molestie sessuali; Robert Scoble, esperto di tecnologia, ha chiesto scusa sui social alle donne abusate; il conduttore di Fox News, Bill O’Reilly, ha firmato un accordo per 32 milioni di dollari pur di non essere denunciato; il regista James Toback è stato accusato da 38 donne; e a Wall Street la Fidelity Investments ha licenziato due impiegati per molestie. E anche se in Italia dopo l’assurda campagna di victim blaming nei confronti di Asia Argento, “rea” di aver denunciato la violenza subita da Weinstein a 21 anni, l’onda è meno forte e sono ancora poche le attrici che hanno denunciato facendo nome e cognome, gli argini ormai sono caduti e nulla sarà più come prima se tutte le donne cominceranno a dire cosa succede veramente nelle loro vite. Nessun giornale ne ha parlato ma una crepa si è formata anche nel magico mondo dello swing, il ballo dei nostri bisnonni che si contorcevano nelle fumose sale dei concerti jazz e che in pochi anni sta riconquistando il mondo coinvolgendo migliaia di giovani e giovanissime.

Una magica armonia che viene rotta il 17 gennaio di quest’anno quando Ruth Evelyn, un’insegnante blues di Boston, pubblica sul suo profilo Facebook uno sconvolgente resoconto di una notte del 2014 al Lindy Focus, un Festival che si svolge in Nord Carolina. «Incrociai lo sguardo di un uomo vestito elegante – racconta Ruth – era Max Pitruzzella che si era incamminato verso di me. Lo ammiravo come ballerino ma era difficile parlare nella confusione e il bar era talmente pieno che non mi sembrò strano salire in camera da lui. Dopo aver ballato un po’ – continua – lui iniziò a baciarmi e io ho ricambiato ma quando mi ha tolto la camicia non ero sicura di voler andare così veloce con qualcuno che in realtà non conoscevo. Poi, notando la sua fede nunziale, ho esclamato: Wow, sei sposato? e lui: sì ma a noi sta bene così. Gli rispondo che non sta bene a me ma lui continua e quando sento qualcuno alla porta scappo in bagno perché non voglio farmi vedere. Subito dopo Max entra ma gli dico che devo andare, e appena provo a uscire lui chiude la porta dicendo che non posso andarmene così. Comincio a entrare nel panico finché non apre la porta, mi spinge nella stanza, si abbassa i pantaloni e mi butta la testa in basso. Ho avuto paura, volevo scappare ma lui era più forte, e in quel rapido e terrificante attimo ho pensato che forse mi avrebbe lasciata andare, senza che succedesse qualcosa di peggio, se mi fossi arresa almeno a un rapporto orale». «Non ho mai parlato prima d’ora – prosegue Ruth – perché avevo paura di non essere creduta, di non essere più chiamata a lavorare per non creare scandali e quindi non ho sporto denuncia», ma dopo aver ricevuto un messaggio che la minacciava di querela e dopo aver saputo che ci sono altre donne assalite, Ruth decide di parlare aprendo così un varco alle altre.

Due giorni dopo infatti appaiono altre storie di presunta violenza sessuale pubblicate anonime sui profili di altri ballerini contro il maestro francese considerato uno dei più grandi ballerini di swing nel mondo. La prima è sul profilo FB di Laney Barhaugh dove Jane Doe (nome fittizio) racconta del suo 30 dicembre 2014. «Avevo vent’anni – scrive – ed ero nuova nello swing. Ero al bar dell’hotel dove si svolgeva il festival e ho incontrato Max che si è avvicinato portandomi un bicchiere di vino. Qui abbiamo parlato e gli ho chiesto aiuto per capire un passo di ballo, e così mi ha invitato nella sua stanza perché il bar era pieno. Lui era un insegnate e mi fidavo, avevo già fatto lezione con lui e lo ammiravo. Una volta arrivati, ha preparato un drink e abbiamo cominciato a vedere il passo, e anche se mi sentivo strana, molto più ubriaca rispetto a quello che avevo bevuto, lui mi ha baciata e ha iniziato a spogliarmi, e ricordo di aver esitato e di aver detto che non mi sentivo bene e che dovevo andare via ma lui mi ha trattenuta. Non ricordo come mi abbia messa a letto, mi ricordo solo che ero confusa e a quel punto non ero più in grado di dare un consenso a quello che mi faceva mentre mi assaliva senza preservativo». Nello stesso giorno Jo Hoffberg, ballerina influente nello swing internazionale, offre la sua bacheca FB per le storie anonime e subito appare il racconto di Susan Doe (altro nome fittizio) che nel 2014, durante un festival, incontra Pitruzzella con cui beve e parla di ballo, tanto da essere stata invitata a provare passi di blues.

«Siamo entrati nella stanza dove però dormiva un suo amico – dice Susan – e per questo mi ha detto di provare i passi nel bagno. Non so perché non gli ho detto di no, mi sembrava un po’ strano ma onestamente mi sono fidata. Una volta nel bagno abbiamo ascoltato musica, abbiamo ballato e ci siamo baciati. Era una cosa bella e pensavo che fosse interessato a me. Ma poi tutto è cambiato e all’improvviso mi ha buttata contro il lavandino, si è aperto i pantaloni e mi ha spinto giù. Ero impaurita e anche se sono abbastanza alta, lui era più forte e mi ha sopraffatta. Ero troppo ubriaca per raccogliere le forze e contrastarlo, perciò mi sono arresa. Poi, dopo essere venuto, mi ha letteralmente cacciata e ha chiuso la porta dietro di lui, e sono rimasta nel corridoio con lo sperma in faccia in uno stato confusionale. Mi sono sentita così sporca – spiega – che sono rimasta sotto la doccia a piangere finché un’amica mi ha tirata fuori impaurita».

Ashley Hill invece su Fb parla dello Swing Jammerz Festival a Montpellier, in Francia, nel 2015: «La sera del 20 giugno mi ero così divertita da essere dispiaciuta che il party fosse finito, e quando Max Pitruzzella m’invitò a un after party, andai. Max lo avevo conosciuto nel 2013 e lì mi aveva baciata sul collo col mio consenso, così dopo 2 o 3 minuti mi sono ritrovata brilla in cucina con lui che mi baciava. Poi, senza rendermi bene conto di cosa succedeva, mi ha spinto in una camera e si è spogliato buttandomi sul letto e ha iniziato a toccarmi. Gli ho spinto via le mani prima che potesse metterle dentro di me e grazie al cielo sono riuscita a tenermi i pantaloni. Lui era senza pantaloni e mi ha spinto la testa dicendo di baciargli il pene. Io ho continuato a rifiutarmi dicendo che avrei visto l’uomo che amavo il giorno dopo e non potevo farlo in nessun modo. Continuavo a spingerlo via ma ero spaventata e ho capito che cominciava a innervosirsi quando ha cominciato a dire le parole più degradanti che abbia mai ascoltato. Alla fine mi ha preso per i capelli e mi ha spinto la testa su di lui. Ho detto infinite volte di no ma avevo paura che mi stuprasse e alla fine ho fatto il minimo per finire al più presto e scappare. Non ho mai lavato la bocca per così tanto tempo – conclude Ashley – e mi sono lavata i denti per 20 minuti mentre piangevo. Il trauma è stato come una bomba esplosa nella mia vita e sono ancora qui a raccogliere i pezzi».

Ma non è finita, perché le voci cominciano a girare e sembra che le storie di ragazze stuprate o molestate nel magico mondo dello swing siano molte di più e che il maestro francese non sia l’unico ad essere coinvolto. Si parla d’insegnanti di ogni età che con la scusa di far ballare giovanissime allieve usano la fiducia e la loro posizione per avere un approccio ravvicinato che rapidamente si trasforma in proposta sessuale, ragazze che quando non sono consenzienti non denunciano ma soprattutto non parlano con nessuno per il timore di non essere credute e di essere additate o escluse dalla comunità: una dinamica che, a detta di chi balla da anni, succede ovunque anche se soltanto alcuni insegnanti cercano di affrontare il problema con il sostegno di musicisti e cantanti e solo una parte dei lindyhoppers.

Il caso che ha scosso di più la comunità swing, senza che la notizia sia uscita dalle invisibili mura del ballo più divertente del mondo, è stato quello di Steven Mitchell (classe 1954), con le testimonianze di 8 donne che nel 2015 hanno accusato il maestro americano, considerato una vera leggenda dello swing, di molestie e violenza sessuale. La prima è Sarah Sullivan che dopo 11 anni racconta sul suo blog ssullivan410 di aver conosciuto Mitchell a 16 anni a San Diego e di come fosse lusingata dell’attenzione di quel maestro famoso. Sarah racconta che lui le insegnò a bere di nascosto e che durante un festival fu fatta ubriacare e portata in un posto isolato. «È piuttosto umiliante ma ricordo di averlo baciato – scrive – perché ero ubriaca e spaventata, e quando lui mi salì sopra, sentii che la situazione stava precipitando e nel panico l’ho spinto via finché non si è tolto. La cosa più sconvolgente però è stato quello che è successo dopo quando stavamo tornando al festival e lui mi ha afferrato all’inguine dicendo che c’era qualcosa di sbagliato in me perché ero stata io a provocarlo. Così giovane e senza esperienza sessuale, di fronte a un uomo così tanto più grande di me, pensai che davvero ero sbagliata. Un messaggio che ho interiorizzato in maniera distruttiva».

Un racconto pubblico al quale Mitchell risponde non negando i fatti ma chiedendo perdono e dichiarando di non essere “un predatore sessuale” e di aver nutrito sentimenti veri per la ragazzina: affermazioni che vengono notate da un’altra ballerina, Allison Cordner, che chiede a Steven di spiegarsi meglio «perché quello che racconta Sarah è successo anche a me». Allison infatti spiegherà più tardi in un lungo video di essere sopravvissuta allo stupro del maestro americano nel 2000 quando aveva 18 anni: un trauma di cui riesce a parlare solo dopo 15 anni. La donna legge con la voce rotta la lettera che all’epoca scrisse al suo fidanzatino Fred su un lungo pezzo di scottex dicendo di essere partita dal Canada con il giovane per andare al festival dove si esibiva il loro mito, Steven Mitchell, e che una volta arrivati li, dopo una giornata meravigliosa, lui le offrì una lezione privata per poi stuprarla nel bosco. Un racconto raccapricciante in cui Allison descrive il suo stato d’animo quando si vede sanguinare e fa l’esame medico per paura di essere stata infettata in un rapporto violento non protetto.

La galleria dell’orrore prosegue e anche Heidi Salerno lascia un commento sul blog di Sullivan dicendo di essere stata fatta ubriacare nel 2013 e poi palpeggiata e di essere riuscita a scappare nel bagno con la paura di essere stuprata, continuando a vomitare dopo ore. A lei si aggiungono poi Clara Goodwin e Ramona Staffeld – ballerina molto apprezzata sulla scena internazionale – che raccontano della violenza subita da Steven Mitchell. Ma è soprattutto Ramona a scioccare l’intera comunità dato che nella sua intervista fatta nel 2015 da Ryan Swift su “The track”, racconta di essere stata convinta dal suo maestro a intraprendere una relazione segreta a 14 anni, e di essere stata ripetutamente stuprata dai 15 anni in poi dopo essere stata manipolata al punto da farle giurare che quello era il loro segreto. «Ero così piccola, ero una bambina e l’attenzione di un maestro era per me gratificante. Ho perso la verginità così ed è stato uno shock – dice Ramona – perché non potevo difendermi ed ero così terrorizzata che lui non ha dovuto usare forza fisica per stuprarmi. Nel corso della mia vita ho pensato che mi sarei portata questo fardello nella tomba, e invece Sarah Sullivan ha aperto la strada e ora non ho più paura di parlare perché l’impossibile è diventato possibile».

Dopo questo scandalo Steven Mitchell scompare nel nulla eppure, malgrado la comunità lo abbia bandito, verrà ancora celebrato come uno degli astri dello swing tanto che subito dopo le testimonianze, in Francia, e precisamente al bar dello Studio Hop Summer Camp del 2015 , appare un poster con il primo piano disegnato del vecchio maestro – accusato da 8 donne – con firme e cuoricini di lindyhoppers mentre su internet viene pubblicata la foto di alcuni maestri francesi che sorridenti posano con la sua immagine sullo sfondo. Ma perché, malgrado la grande solidarietà espressa nei confronti delle donne che hanno avuto il coraggio di raccontare le loro storie, in parte permane un profondo atteggiamento rivittimizzante verso di loro?

In relazione a questi fatti alcuni insegnanti internazionali hanno cominciato a discutere sulla necessità di creare spazi sicuri e codici di comportamento all’interno della comunità swing, che a oggi sono stati adottati negli Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Corea, Danimarca, Australia, Francia, Austria, Israele, Germania, Svezia mentre in Italia si è continuato per mesi a disquisire sui social sulla veridicità delle testimonianze riportate, per poi chiudere la partita nel disinteresse come se il problema non riguardasse il nostro Paese.

Così è successo che il 22 settembre a Salsomaggiore, dopo essere scomparso per quasi un anno, Max Pitruzzella è riapparso proprio qui in un evento pubblico, tanto da essere fotografato accanto a Norma Miller – altra leggenda dello swing – che quest’anno ha girato l’Italia con il suo “The Queen of Swing Tour”. Circostanza che ha provocato reazioni sconcertate in tutto il mondo tra cui quella di Megan Lange – cantante del gruppo “Megan and Her Goody Goodies” – che scrive pubblicamente che «Se Max Pitruzzella o Steven Mitchell si dovessero mai presentare in un locale dove sto suonando, io mi fermo» ; e quella di Jonathan Stout – uno dei più importanti musicisti della scena swing, – che precisa: «Non parteciperemo o suoneremo ad alcun evento in cui siano presenti o coinvolti Max Pitruzzella o Steven Mitchell» .

In Italia invece la cosa mette in allarme solo un’insegnante, Lucia Mazzanti, che oltre a segnalare il fatto sui social prova a scrivere una bozza di codice di comportamento che viene puntualmente ignorata dalla scena italiana, mentre lei viene addirittura invitata a non partecipare alla serata con Norma Miller che si è svolta a Roma a ottobre, in quanto ospite non gradita.

Ancora oggi ci s’interroga troppo spesso sul consenso e sulla buona fede delle donne “colpevoli” di essersi esposte con atteggiamenti o abiti provocanti, di aver parlato dopo anni, di non aver denunciato, e mai abbastanza su quella degli uomini che hanno agito nella più completa impunità: atteggiamento che provoca nelle sopravvissute una seconda vittimizzazione, cioè una violenza ulteriore, che è la ragione fondamentale del silenzio delle donne la cui parola vale ancora e sempre meno di quella di un uomo. Asia Argento, che in Italia è stata costretta a spiegare in modo accurato la violenza di Weinstein quasi a doversi giustificare di quello che aveva subito, è stata in questi giorni l’emblema della vittimizzazione secondaria che per legge è vietata (Convenzione di Istanbul ratificata dall’Italia nel 2013 ) ma che nei fatti avviene ancora attraverso i media, nei tribunali, nelle caserme, sui social, ovunque.

Una società impreparata e imbevuta di stereotipi per cui se una donna non è massacrata di botte o denuncia una violenza sessuale da un partner, un ex o da un uomo di cui ha assecondato le avances, in realtà non ha subito violenza ed era probabilmente consenziente, donna che se prova poi a denunciare e a cercare sostegno dalla comunità, correrà anche il rischio di non essere creduta, di essere sbeffeggiata o di essere pubblicamente indicata e lapidata virtualmente. Forse sarebbe meglio non chiedere più perché le donne che hanno subito una violenza maschile non denunciano e perché in Italia oltre il 90% è sommerso: la risposta è ormai finalmente chiara.

Fonte: 27a ora


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