Santi Apostoli, la Camelot ulivista

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Nel giorno in cui Vasco Rossi ha celebrato a Modena i propri quarant’anni da rockstar, mentre Renato Zero celebra, a sua volta, il proprio mezzo secolo di carriera e mentre la Francia piange la scomparsa di Simone Veil, reduce di Auschwitz e prima donna presidente del Parlamento europeo, in questo inizio d’estate in cui musica e politica si fondono come nella miglior tradizione della storia occidentale, qualcosa finalmente si muove pure a sinistra.

Mi riferisco alla bella piazza organizzata ieri da Giuliano Pisapia, con la presenza di Bersani e di Articolo Uno al gran completo e un variegato insieme di forze politiche al seguito: da Possibile di Civati a Sinistra Italiana, senza dimenticare il Centro Democratico di Tabacci e tutta l’ala orlandiana del PD, oltre al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, a Valerio Onida, alla presidente della Camera Laura Boldrini, alla presidente dell’ARCI Francesca Chiavacci, a Elvira RicottaAdamo, in rappresentanza dei nuovi italiani, e a molti altri ancora.
E così, mentre Renzi dava il peggio di sé a Milano, arroccandosi in una difesa strumentale e anacronistica di provvedimenti che hanno fallito alla prova dei fatti, la piazza ulivista per antonomasia riscopriva la propria anima.

Ciò che colpiva, infatti, guardandosi intorno, erano i volti. C’era ovunque una gran voglia di conoscersi, di scoprirsi, di venirsi incontro o, in molti casi, di riabbracciarsi dopo una lunga divisione di percorsi, con amici e compagni di tante battaglie che tornavano a prendersi per mano dopo aver patito la diaspora individuale che ha condotto, infine, alla scissione del febbraio scorso.
Volti provati, preoccupati, a tratti addirittura tesi, in quanto è inutile starsi a nascondere le difficoltà di una Nazione in ginocchio e i timori legati ad un contesto internazionale che non fornisce certo motivi d’ottimismo, ad una Legge di Bilancio che si preannuncia tutt’altro che semplice e ad una campagna elettorale che sarà fra le peggiori, se non la peggiore, di sempre.
Inutile nascondersi i rischi, le ansie, le paure; anzi, l’aspetto più interessante della Camelot ulivista che è andata in scena ieri era legato proprio al desiderio di utilizzare un linguaggio di verità dopo tanti annunci e promesse mirabolanti, alla volontà di sortirne insieme, come avrebbe detto il citato don Milani, e alla convinzione di potercela fare solo rimanendo uniti, guardandosi negli occhi e ponendosi come una radicale alternativa rispetto ad un soggetto politico che ormai di sinistra non ha più praticamente nulla, a cominciare dai vertici.

C’era passione e rispetto, c’era una profonda attenzione nei confronti del prossimo e c’era anche una sincera comprensione verso la sofferenza, diremmo quasi il dolore, di persone di spessore come Meloni, Cuperlo, Orlando, Damiano e altri esponenti del PD che si ostinano a condurre la battaglia politica dall’interno pur rendendosi conto che la direzione verso cui sta andando il loro partito ormai è chiara.
A Renzi di federare il centrosinistra non importa nulla: vuole il proporzionale, una pattuglia di fedelissimi e le mani libere per allearsi, dopo le elezioni, con quel che resta di Forza Italia più altri cespugli quali Alfano e Verdini.
Cuperlo e gli altri democratici presenti ieri a Santi Apostoli lo sanno benissimo: da qui il loro sgomento e il loro costante interrogarsi sul che fare, se sia il caso di mollare tutto e aderire anima e corpo al progetto di Pisapia o se valga ancora la pena, invece, provare ad invertire la rotta del PD prima che vada a schiantarsi alle Politiche.

Non un fischio, non un insulto, non un tono urlato, il giusto garbo e la dovuta fermezza: una piazza di centrosinistra, calda e accogliente, nella quale nessuno si è sentito a disagio e nella quale persino un franceschiniano di rango come Sassoli è stato accolto con la massima cortesia, com’è giusto che sia e come sempre dovrebbe essere.
Non so, dunque, se questa piazza rappresenti davvero l’inizio di un cammino e non so nemmeno quanto esso riuscirà ad essere unitario; non so se il mite avvocato Pisapia sia davvero il federatore più adatto, specie al cospetto di un sistema che non prevede coalizioni; non so cosa accadrà nei prossimi otto-nove mesi; non so come finirà questa storia e quali saranno i protagonisti ma una cosa mi è parsa evidente: che qualcosa a Santi Apostoli, nel tempio dei ricordi e delle speranze, della nostalgia e del cuore, sia successo, che migliaia di persone abbiano ritrovato la voglia di esserci, che il senso di comunità sia stato il punto di riferimento della collettività nel suo insieme e che questo ennesimo tassello della “vita spericolata” di ciascun militante di sinistra ci abbia restituito, se non altro, il senso di una sfida possibile e, quindi, da combattere. Insieme, nessuno escluso.


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