Morto per l’amianto. La storia di Michele Meo e la battaglia della famiglia per la giustizia

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Pochi giorni fa mi ha scritto Maria Meo di Saviano (NA), figlia di un lavoratore morto per mesotelioma pleurico per colpa dell’amianto.
Maria si è messa in contatto con me, perché ha letto da più parti che da tanti anni mi batto per la salute e sicurezza sul lavoro e mi ha chiesto aiuto.
Non è la prima persona che mi scrive che ha avuto da battagliare contro l’Inail per avere riconosciuto un diritto.
Suo padre è morto a soli 58 anni, quando lei ne aveva 26 (oggi 33) e suo fratello più piccolo ne aveva 10 (oggi 17).
E’ stata molto duro per lei, per la sua mamma, per suo fratello e per le sue sorelle (Maria ha altre 2 sorelle)
Ma la cosa più difficile da accettare è che in tutti questi anni non sia ancora riuscita ad avere giustizia per il suo papà!

La sua lettera:

Buonasera,
espongo in breve la triste storia di mio padre Michele Meo. Sono in causa ormai da anni contro l’Inail, ma da qualche mese ho deciso di non aspettare in silenzio una sentenza che per quanto possa essere giusta sarà  l’epilogo di un’ingiusto processo.
Mi trovo ad affrontare un processo, perchè mio padre è morto nel 2010 a soli 58 anni di mesotelioma pleurico.
Gli è stato negato il riconoscimento della malattia professionale. 
Mio padre tra il 1969 e il 1982 ha lavorato come idraulico presso diverse ditte edili, in quegli anni in edilizia si usavano i manufatti di eternit, cioè di cemento amianto.
Il mesotelioma ha una latenza dai 20 ai 40 anni e non è dose correlata.
Inoltre è una malattia tabellata, in quanto per tale malattia vige la presunzione legale di origine professionale, e l’edilizia e la mansione di idraulico sono considerate da esposizione professionale ad asbesto.
Il registro mesoteliomi della Campania ha classificato il caso di mio padre “a livello diagnostico come certo e a livello di esposizione professionale ad amianto come certo”.
Eppure alla mia denuncia di malattia professionale presentata nel Giugno del 2013 e al successivo ricorso (Ottobre 2013) , l’INAIL ha risposto sinteticamente, che per il decesso dell’assicurato non può essere riconosciuto il diritto alla rendita ai superstiti, in quanto la morte non è riconducibile all’evento.
L’INAIL non ha riconosciuto il diritto di un lavoratore scomparso prematuramente a causa di una malattia professionale.
A Febbraio 2014  ho depositato ricorso presso il Tribunale di Nola, ci sono state tre udienze, nell’ultima il giudice ha nominato il ctu.
Le operazioni peritali sono iniziate il 16/11/16, ma ad oggi non è stata ancora trasmessa alcuna relazione.
In questi anni ho avuto modo di confrontarmi con altri orfani di amianto e con rammarico ho constatato che il caso di mio padre non costituisce un’eccezione, ma è il modus operandi di un Ente, che lontano dal tutelare gli interessi dei lavoratori assicurati, li costringe ad agire in giudizio.
Mi chiedo quanti aventi diritto di fronte ad un diniego, seppure ingiusto, abbiano la forza e la disponibilità  economica per affrontare un lungo processo.
Mi chiedo se questi ingiusti dinieghi siano il giusto modo di amministrare denaro pubblico.
Da cittadina mi auguro  che l’INAIL riprenda ad assolvere presto le sue funzioni.
Da figlia spero si possa far luce anche sul caso di mio padre e sull’ atteggiamento inquisitorio e ostruzionistico nei confronti  lavoratori.
Cordiali saluti                  
Maria Meo 


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