Turchia, espulso giornalista francese mentre per 30 colleghi di Zaman procura chiede l’ergastolo

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Mentre attendiamo ancora notizie di Gabriele Del Grande, un altro giornalista, il francese Oliver Bertrand, viene espulso dalla Turchia alla vigilia del referendum sul presidenzialismo e a pochi giorni dalla richiesta shock della Procura di Istanbul, ovvero tre ergastoli per ciascuno dei 30 ex dipendenti del gruppo editoriale Zaman, inclusi giornalisti e direttori, accusati di avere legami con la rete fondata dal predicatore islamico Fethullah Gulen, ritenuto l’ispiratore del fallito colpo di Stato del 15 luglio scorso.
Gli imputati sono stati accusati di aver partecipato al tentativo di colpo di stato per rovesciare il governo turco e di essere una minaccia per le istituzioni nazionali.
Dei 30 imputati, 21 si trovano in carcere in base ad un ordine di custodia cautelare confermato nell’estate scorsa. Tra di essi figurano gli ex editorialisti del quotidiano “Zaman”, chiuso nel maggio 2016, Mumtazer Turkone, Sahin Alpay e Ali Bulac. Il verdetto sarà emesso entro fine aprile.
Ma purghe e arresti non sono riservati ai turchi, Erdogan in vista del voto di domenica prossima per il referendum confermativo sulla riforma costituzionale che rafforza il presidenzialismo, autorizza la cacciata di operatori dell’informazione e organizzazioni non governative.
Come riportato da varie agenzie di stampa il ministero dell’Interno della Turchia non ha rinnovato il permesso a 5 ong impegnate in progetti di coperazione nel Paese ricorrendo alla ormai ripetitiva ‘scusa’ dello ‘stato di emergenza’ e decretando la fine dei mandati degli operatori sul posto.
Tra i cooperanti espulsi anche gli italiani del Coordinamento delle organizzazioni per il servizio volontario. Secondo il quotidiano turco Hurriyet per il governo queste ong rappresenterebbero un rischio per la sicurezza nazionale.
Il Cosv, che ha sede a Milano e Roma, è un’associazione di volontariato, senza fini di lucro, che realizza progetti in Africa, America Latina, Asia e Europa e opera da oltre 45 anni con una cooperazione in continua evoluzione, sperimentazione, ricerca, per non naufragare nel mare dell’ovvio e dello scontato, in un mondo che cambia, in meglio e in peggio, con velocità vorticosa.
Alle attività dell’organizzazione italiana partecipano centinaia di persone in forme diverse, i soci, i volontari e i cooperanti in servizio, i consulenti, gli interlocutori dei Paesi del sud, i lavoratori, i gruppi di lavoro e i sostenitori dei progetti.
L’associazione rivendica da sempre la propria autonomia.
“Il Cosv appartiene a se stesso, non è proprietà di partiti o di gruppi di interesse particolari – si legge sul sito – Lavoriamo per la pace, la difesa dei diritti umani fondamentali (vita, dignità, giustizia..), per la tutela dell’ambiente. Siamo promotori di una cultura di solidarietà, che rifiuta ogni forma di razzismo, che favorisce la partecipazione attiva di uomini e donne liberi, lo sviluppo umano, materiale e culturale. Combattiamo contro il perdurare della fame nel mondo, la mancanza di democrazia, il saccheggio delle materie prime, le brutali aggressioni che ogni giorno coinvolgono uomini e donne in tante parti del mondo”.
Comprensibile e condivisibile la reazione del viceministro degli Esteri Mario Giro che ha parlato di “decisione incomprensibile” e ha convocato l’ambasciatore in Italia per chiarimenti.
Ma ci permettiamo di dubitare che le autorità turche possano fornire spiegazioni ‘valide’ sull’interruzione delle attività di queste organizzazioni internazionali.


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