Paolo Facchini, 54 anni, imolese, è stato in coma per 35 giorni e si è risvegliato. Oggi è uno degli attori del Teatro dei risvegli, la compagnia della Casa dei risvegli di Bologna. “Questo Paese deve ricominciare a parlare di fine vita, aspettare oltre sarebbe oltraggioso”
BOLOGNA – “È avvilente, ma mi sembra che in questo Paese conti più apparire che essere. Perché per fare una cosa normale un uomo deve diventare un eroe?”. Paolo Facchini, 54enne di Imola, è uno degli attori del Teatro dei risvegli, compagnia teatrale nata nel maggio 2003 su iniziativa dell’Associazione Gli amici di Luca e composta da ragazzi che hanno vissuto l’esperienza del coma, da attori, da volontari e operatori della Casa dei Risvegli, il Centro studi bolognese per la ricerca sul coma. “Io ho lottato per la vita, e non ce la faccio a giudicare la scelta di Fabiano (Antoniani, dj Fabo, ndr). Questo Stato l’ha obbligato a soffrire il doppio: non solo era un uomo straziato, che aveva perso la speranza, che aveva autonomamente deciso di non volere più vivere, ma è stato anche costretto ad andarsene. Tutto ciò è immorale. Fabiano non è un eroe, è un uomo che aveva cercato di vivere, ma non a quelle condizioni. È stato umiliato. L’Italia deve ricominciare a parlare di fine vita, aspettare ancora sarebbe oltraggioso”.
Paolo Facchini ripete di avere già vissuto due vite: una prima e una dopo l’incidente. “Sono sempre stato una persona esuberante e attiva, molto impegnato nel volontariato. Pensi che i miei 18 anni li ho festeggiati – da volontario – tra i terremotati dell’Irpinia. Per il resto, lavoravo come Area manager per un’industria farmaceutica: sempre in macchina, sempre in giro, in Italia e all’estero. Passavo a casa solo per portare i panni sporchi e ritirare quelli puliti”, sorride.
Una vita di corsa, fino al novembre del 1999: “Ero uscito, era sera tardi. Ho avuto un incidente. Non ricordo nulla: so solo quello che mi hanno raccontato. Con lo schianto sono immediatamente entrato in coma”. La corsa all’ospedale di Imola, e i medici che alzano le mani. Il tentativo all’Ospedale Maggiore di Bologna, “dove mi hanno salvato. Di fatto, è lì che sono rinato. Sono rimasto in coma 35 giorni. Non è molto, vero? C’è gente che sta in coma più a lungo. Diciamo che in questo particolare campionato, non sono tra i primi classificati – ammicca –. Ho imparato a scherzarci e a riderci su: se non ne fossi capace, sarei finito”.
Trentacinque giorni di ospedale e poi la riabilitazione e la fisioterapia. “Un’amica mi ha suggerito di mettermi in contatto con il Teatro dei risvegli: ho sempre avuto la passione per le imitazioni e la recitazione. Ho accettato il suo consiglio, ed eccomi qui”. Sono più di 10 anni che Paolo frequenta il laboratorio teatrale: “Con noi si fa come con i bambini: si gioca per imparare qualcosa. E così è stato. Dopo l’incidente facevo molta fatica a ricordare, anche le cose più semplici: pensi che per il teatro ho imparato a memoria un Canto della Divina Commedia. Quasi non potevo crederci. Grazie al teatro ho ripreso in mano la mia vita, mi è servito moltissimo anche in termini di autostima”. E racconta della carica enorme che l’ha travolto quando, sul palco del Teatro Duse, alla fine dello spettacolo, ha sentito tutti gli applausi convinti del pubblico: “Mi sembrava di volare, una spinta incredibile”.
Sono una decina le persone che compongono il nucleo centrale della compagnia teatrale: circa la metà sono ragazzi usciti dal coma. “Lo so che sembra scontato, ma per me aiutare gli altri è aiutare me stesso. Quando uno pensa di essere inutile, un peso morto per il mondo, nell’essere utile agli altri può trovare il senso della propria esistenza”. Paolo Facchini è stato anche protagonista della puntata “Artisti si diventa” della web serie “Sofia Rocks – Inviato speciale”. (Ambra Notari)