Il Pd nel caos più profondo

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Cuperlo chiede il congresso e le dimissioni di Renzi. Fassino chiude le porte agli scissionisti. A sinistra, Vendola e Boldrini rimettono al centro lavoro e dignità

Di Pino Salerno

Un altro fine settimana di passione per il Partito democratico, alle prese con un dibattito interno su voto anticipato e legge elettorale e coalizioni da fare e disfare. Mentre ancora sanguinano le ferite per la sconfitta nel referendum costituzionale, sul quale non vi è stato alcun dibattito negli organismi dirigenti, e per le dimissioni di Renzi da premier, e l’autoesilio toscano da finto Cincinnato, è sulla stampa, nelle interviste che le posizioni vengono rese pubbliche. Parlano in tanti, e ciascuno profila la sua posizione. Parlano i ministri: Franceschini apre al premio di coalizione per far felici le frattaglie degli alfaniani e verdiniani; gli replica il presidente del partito Orfini, che ripropone il premio di maggioranza alla lista, altrimenti si subirebbero i ricatti dei partitini; rilancia il ministro Delrio che propone una coalizione, o un listone che vada da Alfano a Pisapia; a sua volta, il ministro Maurizio Martina ripropone il tema della ricostruzione del Centrosinistra. Forti le differenze anche in tema di voto anticipato. Se Renzi, nonostante i presunti passi indietro, continua a prefigurare uno schema in cui forte èla tentazione di sfiduciare presto Gentiloni, sciogliere le Camere e correre verso il voto di giugno, fanno anche clamore, in parti del Pd, le parole di Napolitano, secondo il quale “nei paesi civili si vota a scadenza naturale del mandato” e non per facilitare i giochi tattici di qualcuno. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e il presidente della Commissione Bilancio della Cameram Francesco Boccia, hanno espresso il loro favore a Napolitano, sostenendo il voto nel 2018 e affidando al governo Gentiloni la missione di dare soluzioni ai numerosi problemi posti dalle emergenze nazionali. Infine, l’assemblea di Sinistra Dem guidata da Gianni Cuperlo ha lanciato l’invito al segretario Renzi alle dimissioni e all’apertura della fase congressuale. Caos nel caos, come si evince, mentre è ancora lunga l’ombra della scissione annunciata da D’Alema e Bersani qualora Renzi si ostinasse a rilanciare il suo progetto di voto anticipato, con eventuali primarie, le “gazebarie”, evitando le procedure congressuali.

Cuperlo chiede il congresso, ma da ambienti vicini a Renzi si conferma la posizione negativa che il segretario manterrà anche alla direzione del 13 febbraio

Cuperlo chiede la convocazione del congresso, invita Renzi a dimettersi, a fermarsi un istante, sulle note della canzone di Ramazzotti. Ma la risposta che filtra da fonti parlamentari del Nazareno è che il segretario dem aveva proposto il congresso a dicembre, quando a norma di statuto era possibile e la minoranza dem si è opposta. Quindi ora si faranno le primarie, il congresso si terrà nei tempi prefissati. L’ex premier per ora lascia discutere gli altri di legge elettorale, ha in mente di tornare a sfidare l’Europa sul tema della crescita. I capi correnti del Pd hanno fatto pervenire a Renzi, riferiscono fonti parlamentari, la necessità di metterci la faccia sul premio alla coalizione: le varie anime dem invocano maggiore collegialità nelle decisioni e lo stesso ex premier ha spiegato di non voler giocare da solo. Il piano prevede anche di estendere, su base nazionale, il premio a chi arriva oltre il 40% anche al Senato. Il segretario dem tirerà le somme il 13 febbraio, il giorno della direzione. Pur non opponendosi affatto al percorso intrapreso da Franceschini-Delrio per evitare la scissione nel Pd, sul premio alla coalizione – spiega più di un renziano – conserva molti dubbi. Diversi fedelissimi dell’ex premier, per esempio, ritengono che non sia molto conveniente. Dietro le quinte alcuni renziani smontano anche l’Italicum: “in alcuni collegi – sottolinea un ‘big’ dem ce la farebbero solo i capilista”. C’è anche chi ha intenzione di rilanciare il Mattarellum corretto da Verdini, ma pubblicamente Renzi non mette bocca sull’argomento. L’obiettivo resta il voto a giugno ma ha dubbi e perplessità, riferisce chi gli ha parlato, sul possibile esito positivo della partita.

Piero Fassino: chi fa la scissione dal Pd non potrà chiedere di allearsi col Pd

Domenica, invece, è intervenuto Piero Fassino, nel tentativo di dare un chiarimento su tutte le questioni aperte. “Sono stato per sette anni segretario dei Ds, so cos’è il valore dell’unità. Non ha senso fare una scissione, creare un partito della sinistra, che dovrebbe poi fare cosa? Certamente non potrebbe allearsi con il Pd che ha spaccato. Lo dico a D’Alema e alla minoranza dem”, afferma Piero Fassino, in una intervista a ‘Repubblica’. Fassino auspica di avere “in tempi rapidi” una legge elettorale anche perché nei prossimi mesi c’è “una sequenza di scadenze impegnative” e dunque “c’è da chiedersi se non sia preferibile anticipare il voto a giugno e poi affrontare quelle scadenze con un quadro politico definito”. Per quanto riguarda eventuali alleati futuri “non credo – dice Fassino – che la prospettiva sia il listone, a meno che rimanga il premio alla lista vincente. Ma se si va verso un sistema elettorale che sollecita le coalizioni, allora la coalizione è caratterizzata da una pluralità di liste. Il premio appunto potrà andare alla coalizione”. In questo senso la scissione sarebbe “una scelta che non ha ragione d’essere. Voglio capire: qual è l’esito? Il giorno dopo cosa succede? Un partito che nasce spaccando il Pd, non può certo pretendere di allearsi col Pd. La scissione sarebbe un atto che ha come unica conseguenza di impedire che il centrosinistra vinca le elezioni. Consegnerebbe il Paese alla destra o a Grillo”. Per Fassino, infine, Renzi non dovrebbe dimettersi, come chiesto ieri da Gianni Cuperlo. “Non vedo quale beneficio dalle dimissioni di Renzi. Se si vuole condurre la legislatura fino alla scadenza del 2018, allora si fa il congresso. Comunque l’opzione se scegliere il voto a giugno del 2017 o a febbraio del 2018 dipende da come si valuta la possibilità di tenuta del quadro politico”, conclude.

L’intervista di Laura Boldrini e l’intervento di Vendola all’assemblea romana di Sinisra Italiana

E mentre nel Partito democratico si assiste a una perenne contrapposizione, Laura Boldrini acquista consensi. “Bisogna recuperare un’identità egualitaria, e rilanciarla in un’ottica contemporanea. Secondo me questo è il tempo della sinistra – spiega la presidente della Camera al Corriere della Sera – una sinistra con una forte identità può diventare maggioranza”. “Boldrini ha ragione da vendere – commenta Nico Stumpo della sinistra Pd – ci sono ancora molte cose importanti da fare, prima di portare il paese al voto. Andrebbe ascoltata attentamente”. “C’è bisogno di sinistra”, afferma Nichi Vendola aprendo i lavori dell’assemblea territoriale romana in preparazione del congresso nazionale fondativo di Sinistra Italiana. “C’è bisogno di sinistra per difendere una generazione che è allo sbando colpita al cuore dalla precarietà, per difendere il lavoro rimettendolo al centro della scena sociale, per restituire dignità ad ogni singola persona e ai suoi diritti, per lottare contro una disoccupazione e una povertà cosi laceranti nell’esistenza di tante famiglie” dice Nichi Vendola. Anche Francesco Boccia plaude Boldrini condividendo “totalmente” la presidente “sugli interessi del Paese e sui doveri della sinistra. Invece, per i due massimi rappresentanti del mio partito, Renzi e Orfini, pare che i problemi del Paese vengano solo dopo la loro fretta di portare l’Italia al voto, indipendentemente dalla legge elettorale”.

Da jobsnews


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