Aleppo non deve morire

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“Ricevendo il premio Carlo Magno Papa Francesco ha posto una domanda ineludibile per noi tutti: “che cosa ti è successo Europa?” Questa domanda non riguarda solo la difficoltà a trovare risposte “europee” ai problemi culturali, sociali ed economici che ci affliggono, ma anche a  trovare la ragione del sit in del 2 settembre, cinque anni e sei mesi dopo l’inizio della catastrofe siriana. C’è infatti una narrativa che ci ha convinto ad abbandonare il Mediterraneo, inseguendo l’illusione di una fortezza Europa. Non può che trattarsi della narrativa basata sulla nuova ideologia, quella della impossibilità del vivere insieme. Questa impossibilità  ci obbligherebbe a dividerci dal nostro contesto, dalle altre culture, dalle altre religioni che con noi condividono lo spazio mediterraneo. E per questa narrativa la Siria è ovviamente questione cruciale.
Peccato che questa narrativa sia  basata su una costante manipolazione dei fatti.

In Siria non scoppiato anni fa un conflitto confessionale, o tra comunità religiose: lo ha detto bene il “premio Nobel” Obama: gli insorti sono contadini e dentisti, ha detto con spietato cinismo e realismo, non sono sunniti. E infatti la borghesia urbana che sostiene il regime è prima di tutto sunnita. In Siria cominciò dunque sei anni fa la più classica lotta di classe, divenuta mobilitazione contro il governo per la gestione iper liberista della crisi economica determinata dalla siccità del 2009/20010. La politica economica del governo trasformò in opportunità per pochi quella tragedia di molti, e questo portò molti siriani al di lá del muro della paura. Un cammino che non poteva essere fatto a ritroso, non aveva una possibile via di ritorno. E il regime, consapevole di questa impossibilità, lo ha intenzionalmente trasformato in un conflitto comunitario, per sopravvivere.
Non potevano esserci limiti all’orrore nel paese il cui governo ha ospitato il gerarca nazista Aloise Brunner per decenni. E l’orrore dell’Isis, il “nemico perfetto” costruito tanto in laboratorio quanto sulle piaghe sociali e la cecità liberticida dei nemici, è solo il più noto e orribile tra i tanti jihadismi che hanno usurpato la rivoluzione siriana. Chiudere gli occhi davanti a tutto questo, per anni, ha aiutato tanti a concludere che  “Assad è un male minore”. Un male minore che viene presentato anche come laico. Una “laicitá” armata di barili-bomba e di milizie efferate, che ha distrutto il vivere insieme non solo in Siria ma anche in Iraq e Libano. E vorrebbe convincerci a fare altrettanto qui da noi. Chiedere il cessate il fuoco in Siria vuol dire rifiutarsi di seguire questo disegno scellerato.

Per impegnarsi a ricostruire una Siria plurale, a partire da Aleppo, città simbolo del vivere insieme in tutto il Levante proprio come Sarajevo lo era nei Balcani. Per questo Aleppo non deve morire.
*Associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio

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