Referendum. Propaganda e repressione, la strategia di Palazzo Chigi.

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Ricorda un passato buio. Scarpinato lancia l’allarme

Il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, lo ha detto in modo molto esplicito, replicando ad un attacco, incredibile, di Luciano Violante, che accompagnava la ministra Boschi nel suo tour siciliano: “Prendo atto che, purtroppo, non si registrano toni sereni nella dialettica culturale sul tema referendario. Da parte di taluni si tende ad attribuire a coloro che esprimono posizioni dissenzienti affermazioni inesistenti in modo da screditarli come estremisti agli occhi della pubblica opinione”. L’allarme del dottor Scarpinato è anche il nostro.

Propaganda e repressione: la strategia di Palazzo Chigi

Temiamo che sia in atto una strategia, elaborata e lanciata a Palazzo Chigi, di demonizzazione dell’avversario, in questo caso chiunque si opponga alla riforma costituzionale. È partito il mix di propaganda e repressione, usato in tempi molto bui del nostro Novecento. Il paragone appare troppo forte? Forse, ma se mettiamo assieme alcuni fatti accaduti in questi giorni, quella similitudine sembra molto verosimile. Prima dell’incredibile attacco al dottor Scarpinato, vi erano stati gli attacchi al dottor Morosini, al dottor Spataro, ai costituzionalisti, considerati “vestali dell’immutabilità della Costituzione”, perfino a uno studente universitario di Catania, la cui unica colpa era stata quella di proclamarsi membro del Comitato per la democrazia costituzionale, prima di giudicare criticamente l’intervento propagandistico della ministra Boschi in una facoltà universitaria pubblica. Per non citare altre decine di casi. Propagandare e reprimere: propagandare con ore e ore di presenze televisive di Renzi e dei renziani, perfino in tempi di par condicio elettorale; propagandare, interpretando in malafede un illustre gesuita che aveva voluto solo discutere con obiettività della riforma; reprimere, sostenendo che i costituzionalisti del No sono “vecchi signori”, come se essere giovani fosse di per sé premessa di verità; reprimere, usando manganelli mediatici, come quando si minaccia il No di votare come “quelli di Casapound”, quasi che Verdini fosse il più grande statista italiano del XXI secolo; reprimere, come quando si definiscono i costituzionalisti del No, dinanzi a platee di giovani studenti, come i “professionisti del benaltrismo”. Potremmo proseguire citando altri esempi, altri casi, altre offese, che spaccano il Paese, dividono l’opinione pubblica, evitano di entrare nel merito della riforma. Siamo preoccupati per la deriva neoautoritaria, per quella strategia di propaganda e repressione che davvero ricorda un passato autoritario, ma senza camicie brune, anzi col sorriso da santa (citiamo l’ironia Crozza) della ministra Boschi.

Propagandare e reprimere: le critiche violente di Violante a Scarpinato e Morosini

Luciano Violante, alla presenza di Maria Elena Boschi, a Palermo, ha duramente criticato sia Scarpinato che il consigliere del Csm Piergiorgio Morosini: “Scarpinato ha detto in una intervista ‘Il nostro compito è controllare la politica’, ma dove sta scritto? Chi lo dice? Da dove nasce questa questione?”, ha detto Violante aggiungendo che “l’attacco è della magistratura al governo”. La replica di Scarpinato: “Ho affermato in una intervista che i magistrati devono sottoporre al vaglio della Consulta le leggi sospette di incostituzionalità e che, quindi, devono vigilare sulla conformità alla Costituzione delle leggi ordinarie frutto di maggioranze politiche contingenti. Si tratta dell’abc di ogni giurista – spiega Roberto Scarpinato all’Adnkronos – Da giorni si continua invece ad attribuirmi l’affermazione, da me mai fatta, che i magistrati devono controllare tout court la politica, ingenerando così nella pubblica opinione la convinzione che taluni magistrati coltivano segrete ambizioni egemoniche. La scorciatoia della facile delegittimazione disimpegna dall’onere delle prove contro argomentazioni e rischia di declassare il confronto culturale a puri rapporti di forza mediatici in uno stile gladiatorio che mi è estraneo come magistrato e come persona”. Di cosa parla dunque Scarpinato? Di delegittimazione, di scadimento culturale, di insulti, propaganda e repressione. E avanza quel sospetto dello “stile gladiatorio” ad uso dei media.

L’ironia della vicenda è che Violante accusa i magistrati del no, e vittimizza il governo: “Questi meccanismi vanno stigmatizzati, tanto per Morosini, quanto per Scarpinato, sta partendo da là l’attacco – prosegue Violante – e ha fatto molto bene il Presidente del consiglio a non scendere in contrapposizione con la magistratura”. Poi Violante ribadisce: “Io non credo che il magistrato sia un cittadino come gli altri, la quantità di poteri discrezionali è talmente elevata, che se prendi posizione di parte chi ti sta di fronte non ha più fiducia in te”. È, per Violante, “una questione democratica che va affrontata”. Dunque, cari magistrati del no, egregi anziani costituzionalisti, signori professori di Diritto o di Filosofia politica, sappiate che se vi opponete alla riforma targata Renzi-Boschi sarete accusati di essere antidemocratici, e se qualcuno esprime critiche, come fa qualche magistrato, verrà severamente punito con il bavaglio disciplinare. Propaganda e repressione, cosa dicevamo?

Da jobsnews


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