Minori stranieri detenuti, “lavoro e casa per il recupero”. Il nodo identificazione

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Stati generali sull’esecuzione penale. Al 29 febbraio 2016 i dati parlano di 195 ingressi (90 italiani e 105 stranieri) e 457 presenze (256 italiani e 201 stranieri). Il nodo dell’accertamento dell’età. Gli esperti: potenziare la mediazione interculturale, favorire i lavori remunerati

ROMA – Se il carcere è più complesso e in molti casi dura più a lungo per i detenuti stranieri (che spesso non riescono ad accedere alle misure alternative), quando si tratta di minorenni stranieri i problemi si amplificano. All’argomento minori, il Tavolo 7 degli Stati generali sull’esecuzione penale, che si è occupato di “Stranieri ed esecuzione penale” ha dedicato un capitolo specifico partendo da uno dei problemi principali: l’accertamento dell’età.

I dati. Gli istituti penali per i minorenni hanno registrato, nel 2014, un calo degli ingressi (in totale 992, di cui 523 italiani e 469 stranieri) mentre nel 2015 si è registrato un incremento dell’utenza con 1.068 ingressi (506 italiani e 562 stranieri) e una presenza giornaliera di 436 minori (240 italiani e 196 stranieri). I dati del 2016, al 29 febbraio, parlano di 195 ingressi (90 italiani e 105 stranieri) e 457 presenze (256 italiani e 201 stranieri).

Senza documenti è difficile accertare l’età. Il problema è in primo piano per due motivi: dall’età dipende l’imputabilità del soggetto (che deve avere più di 14 anni). In base all’età (sotto o sopra i 18 anni) si determina la competenza giudiziaria (tribunale per i minorenni o tribunale ordinario) ed amministrativa: nel caso, si decide per il collocamento in una struttura detentiva per adulti o in una struttura della giustizia minorile. In proposito, nel 2008 “è stato istituito un gruppo tecnico presso il ministero della Salute per la predisposizione di procedure medico sanitarie per la determinazione dell’età dei minori non accompagnati. Il Protocollo d’intervento per l’accertamento dell’età, che ne è seguito, è denominato “Ascone”, e individua il modello dell’approccio multidimensionale.

Perché è importante l’identificazione. Rispetto all’identificazione, la giustizia minorile ha adottato da diversi anni una specifica linea di condotta secondo la quale “tutti i minori accolti, arrestati o fermati nei Centri di prima accoglienza (nella maggior parte dei casi privi di documenti e che abitualmente forniscono generalità diverse ad ogni ingresso nei Servizi minorili) devono essere sottoposti a rilievi fotodattiloscopici (fotografie e impronte digitali). L’identificazione è indispensabile per acquisire elementi sulle condizioni e risorse personali, familiari, sociali ed ambientali e per adottare i necessari provvedimenti di protezione”. Conoscere l’identità di un minore è necessario anche per attivare percorsi socio-educativi adeguati e per contrastare lo sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di esseri umani.

Minori e fenomeno migratorio. “Il fenomeno migratorio ha segnato anche l’entrata nel circuito penale di minori e giovani adulti registrando continue modifiche della sua composizione, differenziandosi rispetto ai Paesi di provenienza, per lo status giuridico, per i percorsi sofferti, per l’esistenza o meno di riferimenti familiari adeguati. Le condizioni di regolari ed irregolari, di minori non accompagnati, di identità non certificata, di apolidia, di mancato riconoscimento dello status di apolide, sono tutte realtà presenti nell’utenza in carico ai Servizi minorili della giustizia. Ulteriori fenomeni di marginalità e di mancata integrazione sono rappresentati da minori di seconda e terza generazione, dall’importazione di modelli di devianza strutturata quali le “gang latino-americane”, dalle emarginazioni degli insediamenti della popolazione rom e sinti. Inoltre, per la situazione che si è determinata negli ultimi anni nei paesi del nord Africa, si è registrato, a partire dal 2011, un incremento di minori provenienti da quei territori, tra cui molti minorenni non accompagnati. Le iniziative realizzate dal Dipartimento per la giustizia minorile sono finalizzate ad assicurare parità di trattamento ed opportunità di reinserimento sociale e lavorativo ai minori senza distinzione di nazionalità, genere, cultura e religione. Per avviare gli interventi sui minori non accompagnati, i servizi minorili della giustizia segnalano la presenza del minore ai consolati e alle ambasciate (quando questo non sia vietato per protezione internazionale o umanitaria), alla Direzione generale dell’immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali e agli Uffici Minori delle Questure”. Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati, oltre all’accertamento dell’età, gli esperti hanno sostenuto la tempestiva nomina di un tutore.

Le proposte. Il tavolo 7 ha elaborato alcune proposte: favorire l’utilizzo di sussidi e premi ed agevolare l’inserimento nei lavori remunerati interni al carcere; potenziare il servizio di mediazione interculturale; favorire la partecipazione della comunità esterna; offrire un servizio di consulenza giuridica e di aggiornamento al personale, per verificare la possibilità di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, umanitaria, sussidiaria, internazionale. Per favorire l’accesso dei minori e giovani adulti alle misure alternative e il loro reinserimento sociale, il Tavolo suggerisce di prevedere strutture abitative, oltre alle comunità del territorio, che possano temporaneamente ospitare i giovani adulti in misura alternativa. Inserire nell’articolo che permette il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale agli stranieri al termine dell’espiazione della pena per reati commessi da minorenni e abbiano dato prova di partecipazione ad un programma di assistenza ed integrazione sociale, anche la possibilità di rilascio per i minori che abbiano superato la messa alla prova e per i quali il giudice dichiari l’estinzione del reato. Prevedere l’aggiornamento e l’applicazione dei documenti elaborati nell’ambito della “Commissione nazionale consultiva e di coordinamento per i rapporti con le regioni e gli enti locali” del ministero della Giustizia e approvati dalla Conferenza Stato Regioni, volti ad attivare percorsi interistituzionali programmati e a implementare una rete integrata, qualificata e diffusa sul territorio nazionale per la realizzazione di progetti di reinserimento sociale e di formazione/lavoro destinati ai minori dell’area penale. (Teresa Valiani)

Da redattoresociale


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