Dialogo sull’amore in tempi di intercettazioni

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Siamo donne e siamo giornaliste. E dunque il “caso Guidi” ci interroga due volte, con domande di genere e di deontologia professionale.

Siamo donne e siamo giornaliste. E dunque il “caso Guidi” ci interroga due volte, con domande di genere e di deontologia professionale. Riportiamo un dialogo, reale, fra due giulie, nato nel privato. Però abbiamo pensato che quello spunto iniziale fosse fertile e non lo si poteva accantonare senza almeno provare a sottoporlo alla eventuale discussione di altre colleghe. Non importano i nomi, diciamo che Giò ha lanciato la palla, che Ma’ l’ha raccolta e questi che seguono sono i risultati. Per ora.

GIO’ – Leggendo le registrazioni delle telefonate fra l’ex ministra Guidi e il suo ex (?) fidanzato ho provato una violenta sensazione di vergogna. Ma com’è possibile che una ministra che ha un incarico importante, una posizione di indubbio privilegio si lasci sottomettere e vessare in quel modo, tra blandizie e ricatti affettivi dal proprio compagno? Com’è entrata a far parte del governo una persona incapace di tracciare una linea di confine tra le proprie responsabilità pubbliche e una relazione dove evidentemente è lei la più debole dal punto di vista affettivo? E’ possibile che noi donne amiamo troppo e così male da riuscire a prendere le distanze da un uomo evidentemente indegno del nostro amore (cosa della quale lei è certo consapevole) solo quando c’è il concreto rischio di essere indagata? E dunque di mescolare il proprio destino a quello di un uomo accusato di associazione a delinquere per traffico di influenze e di una serie di altri reati.

MA’ – Ma perchè te la prendi con lei e con lei soltanto? Fino a prova contraria il trafficone era lui, tanto che è stato inquisito, mentre, mi dice gente che opera su trattative industriali, la ministra Guidi stava in generale facendo un ottimo lavoro sulle infrastrutture. E poi l’uso del termine un po’ sprezzante di fidanzato, visto che hanno procreato assieme…

GIO’ – Vabbé, c’è un figlio di mezzo e questo complica il quadro, ma non è sufficiente a giustificare una fragilità, una ricattabilità, una dipendenza emotiva che colpiscono nel profondo. Tanto più che lei riconosce gli atteggiamenti “schifosamente arroganti e umilianti” di lui che la tratta come “una sguattera del Guatemala” (frase molto infelice per una figlia di papà, ex presidente dei giovani di Confindutria, nonché ex imprenditrice nell’azienda paterna della Ducati Energia).

MA’ – Termini razzistici, convengo. Ma l’accusa di merito?

GIO’ – Hai visto le foto prima del patatrac? Lei sorride, lui ha l’aria sorniona, un po’ paffutella, per qualcuna magari è un bell’uomo. Ma quali armi di seduzione avrà usato per ottenere tutti quei favori (e pretenderne sempre di altri) nonché per avere le camicie stirate? Magari trascurava il figlio oppure trascurava lei (“Io l’Everest non lo devo scalare per stare con te.”, dice l’ex ministra).

MA’ – Distinguiamo. Come persona io ho provato grandissimo disagio umano davanti alle lacrime, le camicie e la cameriera… Peggio ancora, come giornalista non condivido un gossip che fruga nelle mutande senza aggiungere alcun contributo alla vera informazione. Difenderò strenuamente l’uso delle intercettazioni, ma capisco solo la pubblicazione delle parti di interesse politico, non dei particolari ininfluenti e umilianti. La dipendenza di Guidi da quel marpione di Gemelli si poteva desumere comunque anche da ben altre frasi. Ma perchè mi devono dire che piangeva? Cosa aggiunge?

GIO’ – Te lo dico subito. E’ che urge una riflessione sulle donne che hanno una posizione di potere ma evidentemente non sanno esprimere alcuna autorevolezza e sono alla mercé del più vieto maschilismo. E queste donne oggi prendono decisioni che influenzano la vita di tutti noi mentre altre donne, le vere eccellenze, come Linda Laura Sabbadini, dirigente Istat e pioniera degli studi statistici sociali, con l’alibi di una riorganizzazione dei dipartimenti, vengono estromesse da ogni incarico. Che tristezza!

MA’ – Andando con ordine: primo, è vero che lei appare emotivamente dipendente da lui. E allora? Finchè non faceva l’errore di mischiare privato e informazioni istituzionali, sarebbero stati fatti suoi. Non importa se ha sbagliato perchè collusa o perchè innamorata: il punto è se ha sbagliato e basta. Secondo: di uomini emotivamente dipendenti dalle loro donne ne ho conosciuti soltanto io?

GIO’ – In effetti mi ha convinto questo tuo invito a non frugare nelle mutande…

MA’ – C’è poi un enorme rischio: che come sempre usino questo contro di noi, per ricacciarci indietro. Ieri ho provato una sorda rabbia quando, in una discussione pubblica, mi son sentita dire, da un uomo “progressista”, mentre gli altri annuivano, che “questa è la dimostrazione che le donne non hanno la freddezza e il distacco necessari, proprio perchè sentono più di noi l’amore, per reggere la responsabilità di certi incarichi…”. Ora, io non voglio difendere la Guidi: ha fatto benissimo a dimettersi e chiusa là. E per inciso un ministero come il suo tocca troppi interessi e pure in regioni delicate, quindi aspettiamoci altri scoop in crescendo. Però non voglio neanche che la debolezza sentimentale di una venga messa in conto a tutte le donne. Anzi vorrei spingermi ancora più in là…

GIO’ – Vai.

MA’ – Vorrei che ogni umano avesse il diritto di esprimere il coinvolgimento amoroso come gli pare e che non sia sempre e solo il modo maschile di “amare”, permettimi le vigolette, il parametro unico e necessario. Certo, tutte noi ambiremmo che nelle coppie i rapporti fossero paritari anche dal punto sentimentale, non soltanto riguardo ai diritti e alla conciliazione, e per questo vogliamo educare sin da subito a ciò le future generazioni, ma l’amore è un territorio psicologicamente delicato e culturalmente antico in cui talora il gioco delle parti rafforza i legami e talaltra induce alla disperazione. Insomma vorrei semplicemente più rispetto.

GIO’ – Parliamone pure.

MA’ – Sì, volentieri, in pubblico.

 

Da giuliagiornaliste


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