Minacce e retromarce

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Sull’orlo di una crisi di nervi Matteo Renzi ha sparato contro tutti per nascondere una mezza ritirata e confermare il mito della sua invincibilità. Questa è la mia sintesi della riunione di ieri. Contro Grasso: la Stampa titola “Renzi ‘avvisa’ Grasso”, Repubblica “Attacco a Grasso”. Sarebbe “inedito”, ha detto Renzi, se il Presidente del Senato ammettesse – la qual cosa rientra nelle sue prerogative- gli emendamenti all’articolo 2. Se cioò accadesse al premier non “resterebbe che convocare Camera e Senato”. Peccato che non abbia questo potere. Così arriva la precisazione: intendeva “convocare i gruppi Pd di Camera e Senato”.Però Grasso non la prende bene. “Renzi minaccia -scrive il Fatto- Grasso s’infuria: non temevo neanche la mafia”

Contro la minoranza. “Chi di scissione ferisce di elezioni perisce”. Elezioni? Quando, come? Anche il direttore del Corriere gli aveva consigliato ieri di smetterla di parlarne perchè tanto non le vorrebbe nemmeno lui, non ora e non con una legge proporzionale che costringerebbe al Pd di coalizzarsi e a Renzi forse di lasciare Palazzo Chigi. Renzi lo sa ma il Matteo alla ruota della fortuna non rinuncia e raddoppia: Se semo liberati de sto Vaoufakis!” . Peccato che lui avrebbe voluto liberarsi di Tsipras, quandi disse che il referendum del 5 luglio “fra la dracma ed euro”. Ora ripiega sulla velina nei liberisto – si legga Paolo Mieli sul Corriere- che vorrebbe Tsipras convertito in “santo tagliatore” e Varoufakis finito agli inferi, visto che non si è candidato.

Renzi parla come un capetto, osserva il professor Pasquino ed è divertente, aggiungo, che abbia attaccato i anche talk show, quelle trasmissioni che da 18 mesi gli stendono un tappeto rosso un giorno sì e l’altro pure. “Se fanno meno della 107esima replica del film Rambo…” Quando un politico di potere comincia a lamentarsi della tv vuol dire che è ormai cotto. Quanto al merito, da anni penso che i Talk show servano per oscurare un genere televisivo nobile ma scomodo: la vera intervista, quella in cui il giornalista non molla dopo la prima domanda.Più comodo mettere in gabbia più polli che litigano. Torni l’intervista?

Renzi attacca, poi l’apertura, spiega paziente il Corriere, Apertura, quale? Ah sì, nell’articolo 2 si direbbe che i senatori sono scelti dagli elettori, poi una legge ordinaria per inserirli nel cosiddetto “listino” e una ratifica successiva dei consigli regionali per non dire che si sia trattato di elezione diretta. La miniranza non era in sala: Bersani su Repubblica, Speranza sul Corriere, apprezzano: ha ceduto sull’elettività.

Per non finire in trappola, la minoranza cade in trappola. Non volevano rompere perchè “si erano fatti persuasi” -avrebbe detto Montalbano- che quel che resta del Pd sia sempre meno convinto di Renzi. Ieri Bersani era a chiudere la festa di Modena, dove anch’io avevo colto un diffuso scetticismo verso il premier. Accettando l’apertura, scivolano però in una buca: votando la riforma del Senato, dovranno votare sì al referendum, che verrà trasformato in una sorta di plebiscito su Renzi in tutti i suoi stati. Il rischio è che il paese li avverta come “diversamente renziani”. Come l’altro Matteo che giocava con la play station. Orfini, mi pare si chiamasse.

La costituzione non merita questo. Cento senatori semi eletti, 630 deputati in gran parte nominati o cooptati con il premio di maggioranza, competenze risibili per il Senato, nessuna garanzia che Presidente della Repubblica e Corte Costituzionali non vengano “attaccati” dal più potente premier. Meglio – l’ho detto. abolire del tutto il Senato e mettere in salvo le cariche di garanzia. Chi vivrà saprà.

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