Intercettazioni: il bavaglio è cosa fatta. O quasi

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A Montecitorio, cioè nella sola Camera bassa che – con la soluzione trovata qualche giorno o forse qualche ora fa – rimane ormai nel nostro ordinamento costituzionale come il luogo decisivo per le decisioni importanti è giunto alla fine il cammino della legge a lungo elaborata dall’attuale governo Renzi-Alfano.  Sono in pratica tutti d’accordo in parlamento: dal PD al NCD persino Forza Italia dell’uomo di Arcore che avrebbe voluto farlo lui ma, durante il ventennio populista, non c’è proprio riuscito.

L’ultima trovata dei democratici per cambiare la delega è stata improvvisa. Si era insistito per mesi sull'”udienza stralcio” o “udienza filtro” in cui le parti -il giudice e gli avvocati – decidevano quali erano le intercettazioni effettivamente rilevanti da portare al processo, innanzi tutto depositandole. Quindi rendendole pubbliche. Quindi pubblicabili.  Ma il PD si rende conto “che l’effetto potrebbe essere controproducente, soprattutto se il processo riguarda non uno, ma decine e decine di imputati.”

E’ chiaro che si va verso una delega che attribuisce al governo poteri di limitazione notevole sull’uso e sulla pubblicazione delle intercettazioni e se ne ha conferma sicura quando il ministro della Giustizia Orlando chiarisce, come ha fatto ancora oggi,  che sono previste restrizioni sulle conversazioni per motivare gli arresti.

E l’obbiettivo del governo è anche quello di ridurre il numero degli arresti depositati a disposizione degli avvocati.  Una legge dovrà comportare anche multe salate per chi pubblica intercettazioni.

I Cinque Stelle promettono un’opposizione ma c’è da dubitare che possa frenare un provvedimento che dispone di una così grande maggioranza parlamentare e di  un’opposizione così esigua e persino divisa, tanto per cambiare almeno a livello degli ambiti  che più contano.


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