Renzi e renziadi. Minacce e ricatti contro precari e scuola. Tre giorni di presidi e manifestazioni

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I giorni del ricatto e delle minacce: dichiarazioni, interviste, twitter, tutti i mezzi di comunicazione possibili sono usati, ad ogni ora del giorno e della notte, da Renzi Matteo, dalle ministre Maria Elena Boschi, Stefania Giannini, dai renziadi del “cerchio del Giglio”. Parola d’ordine: “Chi blocca la scuola blocca le assunzioni”. Annunci di maxiemendamento e voto di fiducia. Paginate per propagandare il verbo renziano. “Repubblica” si  distingue: nell’edizione di domenica titolone  a tutta pagina per comunicare le “riflessioni” di Renzi riassumibili in uno slogan trito e ritrito, “Sulle riforme non ci fermeremo”. Alle iniziative di Cgil, Cisl, Uil, solo un titolino a due colonne, con ben cinque righe riservate alla posizione dei sindacati. Diritto di cronaca vorrebbe che perlomeno  le iniziative, la mobilitazione di centinaia di migliaia di lavoratori della scuola, docenti, Ata, con studenti e famiglie in prima linea, in particolare le “ragioni” di una protesta corale contro la “cattiva scuola”, di puntuali proposte per affrontare  i problemi sul tappeto a partire dalla assunzioni dei precari, trovassero adeguata informazione. Nei siti dei sindacati c’è un ‘ampia documentazione con risposte alle bugie raccontate dal governo in merito, appunto, alle assunzioni, ai finanziamenti.

Una scuola spolpata in questi anni delle sue risorse umane e materiali

Ci sono le risposte ai ricatti e alle minacce. Si annuncia la  mobilitazione nei giorni in cui il disegno di legge viene discusso in Commissione al Senato. E non sono  solo i Cobas, come qualche giornale vuol far credere, ma tutte le sigle delle organizzazioni sindacali a partire da quelle di Cgil, Cisl, Uil. “È inaccettabile il ricatto posto dal Governo sulle stabilizzazioni: non possiamo permettere l’approvazione di un provvedimento incostituzionale e dannoso proprio per le precarie e i precari e per tutta la scuola italiana. Un improponibile disegno di legge.” Parlano di “lavoro che deve tornare ad essere il merito dell’agire della politica, di una scuola spolpata in questi anni delle sue risorse umane e materiali, che di quel  lavoro ha bisogno, perché rappresenta competenza, conoscenza, continuità didattica, veri motori dell’innovazione.  Per questo una mobilitazione che non smonta, continua, si rafforza, con tre giorni di presidio a Roma, martedì, mercoledì, giovedì, dalle ore 17  a Piazza delle Cinque Lune e a Piazza  Vidoni, nei pressi di Palazzo Madama”. In primo luogo il problema del precariato. Con grande pazienza smentiscono ancora una volta  premier e ministri che parlano di assunzioni ma solo nel quadro degli obiettivi della riforma e respingono  con questa motivazione la richiesta di un decreto subito. Sciocchezze. Il precariato della scuola, replicano i sindacati, ha dimensioni che sembrano sproporzionate se paragonati a qualsiasi altro posto di lavoro. Il primo ministro parla addirittura di una scuola in funzione di ammortizzatore sociale. Ma quei numeri corrispondono al lavoro effettivo di quanti nella scuola lavorano da anni con un contratto a tempo determinato. Senza quei precari la scuola non funziona, qualsiasi siano gli obiettivi della riforma.

I posti da stabilizzare sono molti di più dei centomila sbandierati dal governo

Non solo i posti da stabilizzare diventano molti  più di centomila restituendo quelli tagliati dalle riforme Gelmini, in termini di percorsi curriculari, di laboratori, di tempi di apprendimento, di generalizzazione della scuola dell’infanzia. Dicono i sindacati che “chi  è precario nella scuola ha subito la sua precarietà, non l’ha cercata e ora, in un momento in cui il Paese soffre la mancanza del lavoro, il governo non può pensare di privare del lavoro chi con il suo impegno professionale consente da anni il regolare svolgimento delle lezioni, come ha sancito anche la sentenza della Corte europea”.

Un piano pluriennale per assumere tutti i precari, docenti e Ata, che ne hanno diritto

Nessun regalo – aggiungono – da parte del governo, ma  la necessità di attivare un piano pluriennale per tutti i precari, docenti e Ata che ne hanno diritto. Ma il riconoscimento che non si può continuare ad alimentare il precariato, nell’illusione che con un decreto sparisca, portando via le speranze alimentate in anni di lavoro. Ci sono docenti che dal 2007 attendono la chiusura delle graduatorie, quelli che hanno vinto il concorso o sono nella graduatoria di merito, anche loro in attesa, altri che hanno frequentato costosi corsi  sulla base di numeri stabiliti dal ministero ed autorizzati dalla Corte dei Conti per conseguire l’abilitazione necessaria alla stabilizzazione. Tutti in attesa. Insieme alla rivendicazione del piano pluriennale, la sospensione del bando del concorso per permettere l’attuazione del piano di assunzione, in considerazione del turn over favorevole fino al 2018; la cancellazione della norma sul divieto di assunzione a tempo determinato dopo 36 mesi di supplenza, perché illegittimo, il diritto all’abilitazione per chi ha maturato i 36 mesi di servizio nella terza fascia delle graduatorie d’istituto, con l’indizione di un TFA speciale. La risposta del premier desolata e desolante. Invece di rispondere nel merito, magari convocando i sindacati e non cambiando  linea ogni giorno che  passa, conferma  che la legge è proprio “buona ma non mi sono fatto capire ”. No, si è spiegato anche troppo bene, “abbiamo  capito – dice Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil-. Per questo la  mobilitazione del mondo della scuola non si fermerà”.

Sandro Carli

Da jobsnews


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