India’s daughter, inchiesta sugli stupri in India

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A Bologna, Milano e Roma arriva il documentario BBC sugli stupri in India.
Lui guidava e guardava avanti. Dietro, sul suo autobus, un gruppo di uomini stuprava e massacrava Jyoti Singh. Ora è sempre assieme a loro, ma nel carcere di Tihar. Continua a guardare avanti, fisso in telecamera, e dice con voce piatta che certo “se lei non avesse fatto resistenza, non sarebbe finita così”. E con lo stesso tono aggiunge: “Se invece di andarsene a spasso con un amico fosse rimasta a casa, be’ non avrebbe corso pericoli”.

Nulla sembra smuovere la convinzione di quest’autista, degli stupratori e di diversi altri milioni di indiani che sia giusto e “naturale” predare sessualmente e che quando capita la colpa è di lei “che se l’è cercata”. Il caso è indiano e la morte della studentessa nel dicembre 2012 fece scalpore, finalmente, rovesciando per le strade di Delhi donne e uomini indignati che protestarono per giorni e giorni; ma la mentalità che alimenta gli stupri non conosce confini.

Leslee Udwin ha preparato l’inchiesta , ha convinto la Bbc a finanziarla, si è messa dietro la macchina da presa e ha battuto la giungla urbana indiana, i villaggi, la galera, ha sentito i parenti di lei e i parenti di loro e insomma ha costruito “India’s Daughter “. Bellissimo e tremendo. Voleva proiettarlo in India, ma la censura ha bloccato il film e denunciato lei per “turbativa processuale”. Già, perché il gruppo è stato sì condannato in primo grado, ma ora aspetta il giudizio d’appello e guai a turbare la serenità dei giudici. Intanto però il documentario parla da solo, anche se fuori dai confini indiani: è stato presentato a New York, discusso a Cannes ed ora non solo andrà in concorso al Biografilm Festival di Bologna (sabato 13 giugno), ma grazie alle sinergie delle Case delle Donne di Bologna, Milano e Roma verrà proiettato domenica 14 giugno a Milano (Casa della cultura, via Borgogna 3, ore 20) e la sera di lunedì 15 a Roma.

Le immagini di “India’s Daughter” saranno accompagnate dalla presenza in sala della regista, la cui storia è estremamente interessante anche al di là del documentario. Perché Leslee Udwin, nata in Israele e vissuta in molti Paesi, è cresciuta professionalmente a Londra dove, alla fine degli anni Ottanta, ha creato una sua casa di produzione che ha all’attivo film di successo e documentari (in cui gli uni finanziano gli altri…), fra cui Who bombed Birmingham, film inchiesta che portò alla scarcerazione di sei irlandesi accusati di terrorismo.

È così che si fa. Che si fa inchiesta, che si scava nelle storie e si mettono a nudo i pregiudizi e le immonde violenze. Che si contribuisce a denunciare e forse anche a far prendere coscienza. Un grande giornalismo per immagini. Brava Leslee. E brava Bbc.


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