Jobs act viola direttive europee 1999/70/cee e 89/391/CEE ed è incostituzionale

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Il Governo Renzi ha prima emesso un contenitore vuoto (Jobs act, legge 183 del 10 Dicembre 2014), poi ha fatto alcuni decreti attuativi che di violazioni ne contengono, uno in particolare che è il “Dlgs su tipologie contrattuali e revisione disciplina mansioni”.
Al capitolo 3 “Lavoro a tempo indeterminato”, non sono specificate le ragioni obiettive e la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti.
Per quanto riguarda la durata massima totale dei contratti a tempo determinato successivi, all’articolo 17, comma 1, pagina 12, del “Dlgs su tipologie contrattuali e revisione disciplina mansioni”, specifica che il limite massimo del contratto a tempo determinato (indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro) non può superare i 36 mesi.
All’articolo 19 (Proroghe e rinnovi), comma 1, pone il limite massimo del contratto a tempo determinato a 36 mesi e massimo 5 rinnovi nell’arco di questo periodo.
Però all’articolo 17, comma 2, permette alle imprese di superare questo limite di ulteriori 12 mesi, permettendo di stipulare un ulteriore contratto fino a 12 mesi presso la Direzione Territoriale del lavoro, così il limite massimo si allunga a 48 mesi.
Come è possibile porre un limite di 36 mesi e 5 proroghe nell’arco di questo limite e poi permettere alle aziende di allungare questo limite di ulteriori 12 mesi?
Quale lavoratore rifiuterà di farsi allungare il contratto a termine di ulteriori 12 mesi ai 36 mesi quando l’azienda gli dirà o questo o ti mando via???
L’Italia non rispetta neanche una delle misure previste dalla clausola 5 della direttiva 1999/70/CEE, o perlomeno fa credere alla Commissione Europea che c’è un limite di 36 mesi e 5 proroghe, che invece viene derogato ed esteso di ulteriori 12 mesi.
In questo modo si permette in Italia un contratto a tempo determinato di 48 mesi, mettendo un limite massimo e di proroghe solo sulla carta, quando tale limite non c’è.
In questo modo si permette alle aziende di abusare dei contratti a tempo determinato
Qui c’è una chiara violazione della clausola 5 della Direttiva europea 1999/70/CEE.
Inoltre, c’è un ulteriore violazione però della Direttiva Europea quadro 89/391/CEE.
All’articolo 55 (Mutamento delle mansioni) del “Dlgs su tipologie contrattuali e revisione disciplina mansioni”.
In questo articolo si dice:

“In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.
Il mutamento di mansioni è accompagnato ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni”.
In pratica, in caso di demansionamento dei lavoratori in caso di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale non è più prevista la formazione obbligatoria del lavoratore, ma questa diventa facoltativa, ed il fatto che non venga fatta non determina l’annullamento dell’assegnazione della nuova mansione.
L’articolo 12 (Formazione dei lavoratori), comma 1, della direttiva 89/391/CEE, prevede che:

“1. Il datore di lavoro deve garantire che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, sotto forma di informazioni e di istruzioni, in occasione:
—della sua assunzione,
di un trasferimento o cambiamento di funzione,
dell’introduzione o del cambiamento di un’attrezzatura di lavoro,
—dell’introduzione di una nuova tecnologia,
specificatamente incentrata sul suo posto di lavoro o sulla sua funzione.
Detta formazione deve:
—essere adattata all’evoluzione dei rischi ed all’insorgenza di nuovi rischi e essere periodicamente ripetuta, se necessario”

In pratica al cambio di mansione o trasferimento è prevista una formazione obbligatoria in forma di salute e sicurezza sul lavoro.
Qui c’è una chiara violazione dell’articolo 12, comma 1 della Direttiva 89/391/CEE.
In pratica grazie al Governo Renzi, è possibile prendere un lavoratore che faceva l’impiegato e metterlo in catena di montaggio, ad un tornio a controllo, un tornio manuale, a saldare, ecc senza avergli fatto un minuto solo di formazione, con gli evendenti rischi per la salute e sicurezza a cui andrebbe incontro questo lavoratore.
Inoltre, questa norma è anche incostituzionale, visto che va contro l’articolo 37 (Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti) del Dlgs 81/08, che prevede che:

“1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda…”

Infine, c’è una incostituzionalità anche per il contratto a tutele crescenti, che prevede la cancellazione del reintegro prevista dall’articolo 18 per i licenziamenti economici, ma solo un indennizzo economico, mentre il reintegro rimane per i licenziamenti discriminatori.
Solo che il contratto a tutele crescenti si applica ai nuovi assunti, ma non ai vecchi assunti.
Qui c’è una chiara discriminazione dei lavoratori ed una violazione della Costituzione Italiana (articolo 3).
O si applica a tutti o non si applica a nessuno, non ci possono essere due regimi di applicazione di una legge tra vecchi e nuovi assunti.

* Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze


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