Orfani di idee

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Il lutto che genera il sentirsi orfani di idee può essere drammatico, non lo nego. La disperazione per non avere orizzonti, la tristezza del percepirsi solamente legati al momento, l’angoscia che si avverte nell’essere condannati alla mera e sterile pratica del concretismo, può determinare ricadute deleterie sull’equilibrio psicofisico di chi ne è vittima, lo capisco.

In fondo, quello che si sta verificando e che possiamo constatare tutti i giorni nell’isteria delle élite di governo è solamente questo: il fenomeno più apparente del sentimento di perdita che genera il sapersi incapaci di generare idee proprie. Pertanto, assistiamo a fenomeni strani, sintetizzabili al meglio nella comica corsa a distinguersi sul terreno della destra di politici eletti in un partito di sinistra e viceversa, cercando di coprire l’impaccio del ragionamento con continui richiami al realismo, sotto il quale, però, si intravede in tutto e in pieno un malcelato opportunismo.

Un senso di sgomento che traspare anche nella piena inconcludenza delle argomentazioni portate a sostegno di tesi precostruite, infarcite di termini e questioni che non hanno alcun significato perché non se ne potrebbe mai affermare il contrario: “noi siamo per il bene dell’Italia, la speranza contro la paura, per creare posti di lavoro, per il benessere, contro quelli che vogliono la rovina del Paese, eccetera, eccetera, eccetera”.

A tutte queste banalità, ripetute nel tentativo che diventino vere, fanno da contraltare altre, nondimeno banali, parimenti ritenute vere, che tendono a disegnare tutti coloro che non si adeguano alla maggioranza di turno (che è “di turno” nel leader, meno in coloro che lo sostengono) come minoritaristi che sfoggiano la loro diversità come si potrebbe indossare un capo d’alta sartoria. Certo, con frasi che mirano a dipingere quelli che non si piegano alle logiche degli armenti come individualità interessate a tutelare il principio frivolo per cui “soltanto con la sconfitta la purezza è difendibile, soltanto con la sconfitta non si mettono alla prova le idee e quindi si conservano intatte”, si può anche vincere il Premio Strega, ma è difficile costruire qualcosa che superi la durata della permanenza media in classifica di opere di tal fatta.

In definitiva, per i cantori di queste fatue storielle si potrebbe persino provare un po’ di simpatia, se non fosse che essi si ritengono profeti, e tronfi di quella vacuità che solamente danno le vane profezie, ritengono, nel mondo in cui solo essi, il clan degli illuminati, curiosamente maggioritario, tutti ciechi gli altri, offendendo e aggredendo chiunque non la veda come loro per il solo fatto di esistere e pensarla diversamente.

Ma in fondo, li capisco, e non gliene faccio colpa o rimprovero. Solo una cosa chiedo loro, parafrasando le parole del Caio Petronio morente nel Quo Vadis? di Henryk Sienkiewicz: state al potere, ma non cercate più il sostegno della logica, governate, ma non mirate più a convincere con le parole, amministrate, ma non date più forma d’idea ai vostri voleri, siate maggioranza, ma non peritatevi più di cercar di spiegare con la ragione quel che imponete con i numeri.


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