Fuori fuoco

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Le riforme del lavoro mi sembrano  “fuori fuoco” rispetto alla risoluzione del problema della disoccupazione. Le tutele giustamente rivendicate si riferiscono all’occupazione di oggi, ma non possono essere una garanzia per la conservazione o creazione di quella di domani. Mentre nel dibattito in corso si tende a confondere i due livelli della questione – tutele e occupazione – come se le prime generassero la seconda. Ne esce una contrapposizione fuorviante tra “apologia del precariato” e “assunzione a prescindere”, che non guarda al futuro. Infatti, com’è noto, la disoccupazione si abbatte conquistando nuove quote di mercato, grazie all’innovazione di prodotti o di processi. Ecco perché nelle nazioni più avanzate  l’intensità di spesa in ricerca – rilevabile da un alto numero di brevetti che si traduce in nuove tecnologie – è spesso correlata a buoni indici di occupazione e tutele.

In uno degli ultimi suoi spot, la Fiat invitava a comprare un modello, magnificando i suoi altoparlanti stereo.
Un po’ poco, rispetto a competitori che hanno dotato le loro auto di tecnologie all’avanguardia nel confort, sicurezza e promosso con formule innovative di acquisto.
Quindi, scannarsi sul dilemma “assunzione o risarcimento” in caso di eccesso di contratti a termine è un modo per eludere il vero problema del Paese: la mancanza di un serio piano di promozione della ricerca, che sia parte di una politica industriale nazionale.
Per ogni giovane ricercatore che stenta a trovare uno stipendio decente e se ne va all’estero, ormai si può stimare che si creeranno centinaia di nuovi disoccupati negli anni immediatamente successivi. E saranno espulsi perché faranno prodotti ormai obsoleti, sia che abbiano un contratto fisso o a termine.

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