Sbarchi, per chi chiede asilo tanta burocrazia e tempi di attesa biblici

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Per i richiedenti asilo la situazione è sempre più caotica. Carla Trommino, avvocata dell’Asgi spiega cosa accade a un migrante che vuole fare richiesta d’asilo nel nostro paese: “Le commissioni territoriali dovrebbero decidere in 30 giorni, ma a Siracusa le audizioni sono ferme a un anno fa”

ROMA – Lungaggini burocratiche, tempi di attesa biblici per le richieste d’asilo e casi limite di migranti fermi in un vero e proprio “limbo”. Gli sbarchi degli ultimi mesi sulle coste della Sicilia stanno avendo pesanti ripercussioni anche sulle tutela legale delle persone che arrivano nel nostro paese, e che nella maggior parte dei casi non sono migranti economici ma persone che scappano da conflitti (siriani ed eritrei soprattutto) e quindi che hanno diritto di fare in Italia la richiesta di asilo politico. Ma la situazione in Sicilia è “sempre più caotica – spiega Carla Trommino, avvocata dell’Asgi (associazione studi giuridici sull’immigrazione) che a Siracusa sta seguendo le procedure d’asilo degli ultimi migranti arrivati. “Basti pensare che i tempi standard per una richiesta d’asilo sarebbero di 30 giorni, mentre le audizioni nelle commissioni territoriali hanno tempi lunghissimi – spiega -. A Siracusa, che è una delle commissioni migliori sul territorio italiano, ma che ha un carico lavoro enorme, siamo fermi a luglio 2013, cioè le domande presentate l’estate scorsa vengono processate ora. I tempi dovrebbero essere di un mese, invece siamo già oltre un anno”.

Ma qual è l’iter per il migrante che arriva via mare nel nostro paese e che vuole fare richiesta d’asilo? Il primo step è quello dell’identificazione. “Delle navi della marina militare solo la San Giorgio fa l’identificazione direttamente in barca, mentre le altre fanno una preidentificazione . spiega Trommino -. Il problema dell’identificaizone in barca e che non c’è la garanzia delle associazioni umanitarie del programma Praesidum , e quindi può capitare anche che le identificazioni non siano precise. L’errore più diffuso è che alcuni minori siano identificati come adulti, una situazione che poi crea diversi problemi in termini di tutela. Ma anche nel caso delle navi che fanno solo la preidentificaione, il problema è che ci dovrebbero essere interpreti per la lingua parlata da tutte le nazionalità presenti. Normalmente, invece, c’è solo l’interprete della nazionalità più rappresentata e quindi possono succedere dei misunderstanding, degli errori nell’identificazione che portano, una volta sbarcati,conseguenze notevoli sul diritto all’accoglienza”.

Giunti a terra i migranti hanno la possibilità di fare richiesta d’asilo, rivolgendosi alla polizia di frontiera, o all’ufficio immigrazione della questura competente. Alle forze dell’ordine devono spiegare le motivazioni per le quali chiedono lo status di rifugiato ( se sono oggetto cioè di persecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a determinati gruppi sociali o per le proprie opinioni politiche, o se ritengono di poter essere perseguitati al ritorno in patria) e fornire una copia del documento di identificazione personale (passaporto, carta d’identità, ecc.) se posseduto, oppure fornire le generalità all’autorità di polizia, indicando l’eventuale domicilio. Se arrivano senza documenti o se la richiesta di riconoscimento necessita di una verifica vengono portati in un Cie (centro identificazione ed espulsione), dove dovrebbero rimanere 20 giorni, ma anche qui i tempi sono molto più lungi. Ma il diritto a fare domanda d’asilo, spiega ancora l’avvocato dell’Asgi, non sempre viene garantito. “Purtroppo manca il personale, quindi non sempre le forze dell’ordine fanno subito l’informativa, spesso questa viene invece fatta da Praesidium, cioè dalle organizzazioni umanitarie che fanno assistenza legale”. Ma ci sono anche casi limite. “E’ capitato in più di una situazione che una serie di sbarchi si è proceduto a notificare un decreto di respingimento, che può essere dato solo se il migrante ha manifestato la volontà di non fare la richiesta asilo, ma ciò non era successo – denuncia Trommino –cosa più grave è che questo è stato notificato ad alcuni gruppi in maniera discriminatoria: in particolare a senegalesi, gambiani e nigeriani”. E’ il caso di 40 migranti, tuttora a Siracusa, e arrivati a febbraio. “E’ successo che ad alcuni migranti provenienti dal Senegal è stato riconosciuto il diritto a fare la richiesta d’asilo mentre ai loro connazionali giunti una settimana dopo no. Senza aver ricevuto nessuna informaticv gli è stato notificato un respingimento, ma ora chiedono di accedere alla procedura d’asilo come è nel loro diritto – aggiunge – la cosa paradossale è che non possono andare avanti nella procedura perché non hanno un domicilio. Insomma non sanno dove andare, vagano per la città, ogni giovedì tornano in questura a chiedere di poter andare avanti con l’iter. Sono in un vero limbo”.

Per chi riesce a fare domanda le cose spesso non vanno molto meglio, anche loro spesso restano sospesi per mesi in attesa di sapere cosa ne sarà della loro richiesta. A decidere sono le commissioni territoriali sparse sul territorio. “La formalizzazione delle domanda ha tempi molto lunghi, perché bisogna aspettare le audizioni delle commissioni. A Siracusa che è una delle migliori sul territorio italiano, ma che ha un carico di lavoro enorme siamo fermi a luglio 2013, cioè le domande presentate l’estate scorsa vengono processate ora. I tempi dovrebbero essere trenta giorni ma siamo già oltre un anno . spiega ancora Trommino -. Nel frattempo i migranti restano intrappolati: potrebbero spostarsi sul territorio italiano comunicando un nuovo domicilio, ma spesso non sanno dove andare”. Alcuni di loro restano nelle strutture di accoglienza in Sicilia, altri vengono smistati nei centri sul resto del territorio nazionale. Chi invece vuole spostarsi all’estero, ad esempio ricongiungersi con un familiare, deve aspettare che si concluda l’intero iter. “Il regolamento Dublino in questo senso funziona solo a danno dei richiedenti asilo – aggiunge l’avvocata dell’Asgi – a noi è capitato per esempio il caso di un minore che aveva la mamma in Svezia, e al quale doveva essere garantito il diritto all’unità familiare, uno dei diritti cardine che dovrebbero essere seguiti per la procedura del regolamento Dublino. Ma nel concreto a causa della nostra macchina burocratica, i tempi sono stati molto lunghi. La conseguenza assurda è che se la causa della lentezza è la burocrazia italiana la persona comunque non si può spostare . E’ una sorta di sanzione data allo stato contro l’ interesse del soggetto, in questo caso il minore – aggiunge – Ma è l’intero sistema che non gira perché le questure fanno tardi e male il C3, cioè il documento che continue la domanda. Questo arriva in commissione che ha una quantità infinita di persone già da seguire. Ora sono state aperte nuove commissioni territoriali, speriamo che i casi legati al regolamento Dublino abbiano un’accelerazione perché la questione ancora sottodimensionata e spesso le questure non sono adeguatamente preparate. Nel frattempo arrivano nuove persone e la situazione non può che peggiorare”. (ec)

Da redattoresociale.it

 


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