Rapito nove mesi fa Padre Dall’Oglio.
La famiglia lancia il primo appello

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Sono passati ormai nove mesi da quando padre Paolo Dall’Oglio è stato rapito. La famiglia è sempre stata molto riservata, chiusa nel dolore. Ricordo che un mese fa, in un dibattito sulla Siria in cui era previsto l’intervento del ministro Mogherini, in fondo alla sala c’erano le sorelle del missionario nella speranza d’incontrare il nuovo responsabile della Farnesina. Ma il ministro, impegnato nelle attività di governo, non si è fatta vedere e sono andate vie deluse, in totale silenzio. Adesso, per la prima volta, fanno sentire la loro voce, in maniera assolutamente dignitosa. “Chiediamo a chi lo detiene di dare a Paolo la possibilità di tornare alla sua libertà e ai suoi cari, e a tutte le istituzioni di continuare ad adoperarsi in tal senso”. Poche parole per tenere alta l’attenzione e sollecitare l’impegno nelle trattative.

Padre Dall’Oglio è stato rapito il 29 luglio 2013 nella regione settentrionale di Raqqa e, secondo quanto reso noto nei giorni scorsi da fonti degli insorti, sarebbe vivo e in mano ai fondamentalisti islamici dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo di derivazione qaedista ma in conflitto con l’altra fazione ispirata ad Al Qaeda, il Fronte al-Nusra. Tutte le fonti hanno finora confermato che padre Paolo è vivo e si trova in una delle prigioni dell’Isis  che da oltre un anno ha conquistato ampie zone della Siria nord e nord-orientale. Da parte dell’unità di crisi del Ministero degli esteri italiano la vicenda di Dall’Oglio viene seguita con il massimo riserbo. I negoziati “sono in corso” e numerose fonti confermano che da mesi ci sono contatti a vari livelli. La situazione è complicata anche perché la vicenda del gesuita conferma la presenza dell’infinita galassia di formazioni che operano all’interno della Siria. Dall’Oglio è sempre stato contro il regime di Assad, a tal punto da essere espulso dal regime di Damasco, ma evidentemente ci sono gruppi che vanno oltre la logica, inseguendo odio e vendette.

La speranza di vederlo libero comunque ancora c’è, soprattutto dopo la liberazione nei giorni di scorsi di quattro giornalisti francesi rapiti un mese prima (a giugno) a Raqqa, la stessa zona e presumibilmente dalla stessa organizzazione. E proprio le modalità del loro rilascio, secondo le informazioni diffuse da Parigi, dimostrano  quanto sia tortuoso il rapporto fra le varie sigle. Dogan, Henin, Torres, Elias e François (i reporter  francesi) sarebbero stati sequestrati dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, ma sarebbero stati portati al confine con la Turchia da un altro gruppo, per ora senza nome.  Pino Scaccia


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