Fra grigi burocrati e brillanti buontemponi

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Di Alessandro Cardulli

Matteo Renzi, che i giornalisti chiamano confidenzialmente Matteo, gli danno del tu , ridono alle sue battute, come se fossero compari di merende da chissà quanti anni, non ha trovato di meglio per giustificare quello sprezzante “chi?”, rivolto a Stefano Fassina che ricorrere a immagini logore che non hanno molto senso se mai lo avessero avuto. Ci hanno colpito queste parole, espressione del pensiero renziano. “Non diventerò mai un grigio burocrate che non può scherzare, non può sorridere”

Come Berlusconi quando giustificava la “cene eleganti”

Non è da lui, dal brillante giovanotto che impazza nelle tv, veste come alcuni personaggi simbolo che compaiono in sceneggiati made in Usa, gira in bicicletta come il sindaco di Roma cui il velocipede sembra non portare molta fortuna, ricorrere a simili mezzucci. Ma tant’è anche ai migliori, non si da il caso, quando non hanno molti argomenti, molte frecce nel proprio arco, capita qualche scivolone nel banale che più banale non si può. Non ce ne voglia il sindaco di Firenze ma queste sue battute le abbiamo già sentite da Silvio Berlusconi quando giustificava la sue “cene eleganti”.

Ci tornano a mente le rozze campagne contro i comunisti

Lo stereotipo del “ grigio burocrate”, stile Breznev per intenderci, ha fatto il suo tempo. Che era quello in cui secondo una rozza propaganda democristiana i comunisti mangiavano i bambini, se vincevano avrebbero impiccato tutti i preti, i quali preti dagli altari li scomunicavano. Fra l’altro lui che si fa vanto di non frequentare sedi partito tanto che riunisce la segreteria del Pd nella sede del suo comitato elettorale dove tutti sono obbligati al sorriso, dove ha conosciuto i “grigi burocrati”?. Noi, stante la nostra età non più giovane, ne abbiamo conosciuti molti, per esempio quelli che frequentavano L’Unità ed era fra coloro che più contavano a partire da Enrico Berlinguer che era persona seria non “ grigia”. Tanto seria da morire mentre stava tenendo un comizio. Potremo fare tanti nomi di “burocrati” ottimi commensali, che sapevano sorridere, perfino raccontare barzellette.

Occhetto, se ben ricordiamo, in privato si dilettava nell’ imitare i suoi compagni di partito. Ne imitava tanti e bene. Uno solo si rifiutava di prendere in giro e non diciamo quale. Perfino un uomo che nella sua vita ne aveva viste tante, uno come Luigi Longo, sapeva esprimere cordialità, ti faceva sentire a tuo agio, scherzando anche sui sui difetti..

Il segretario del Pd fa confusione fra serietà e grigiore

Forse Matteo Renzi ha fatto confusione fra due aggettivi, grigio e serio. Nella vita di un uomo politico, di un dirigente ai massimi livelli,la serietà è un imperativo categorico, ma ciò non significa grigiore, al contrario è espressione di intelligenza. Un dirigente serio deve, usiamo questo verbo deve , saper scherzare, sorridere anche,stare fra la gente. Ricordiamo Luciano Lama che quando andava alle feste dell’Unità si recava a salutare i “ cuochi”.

Non si vive di scherzi e battute, non si può sempre sorridere

Non era un fatto di demagogia, chi lo ha conosciuto lo sa bene, era un modo per rinsaldare un rapporto con la gente comune, con le donne e gli uomini che facevano funzionare la festa. Vogliamo dire che ogni cosa ha il suo tempo,il suo luogo. Ciò vale per tutti, ancor di più per chi fa politica, per chi ai vertici della politica, tanto più se è il segretario del maggior partito italiano. Non si vive di scherzi, di battute, non si può sempre e comunque sorridere,irridere gli altri. Si diventa così’ dei brillanti buontemponi.Ma di questi il nostro paese purtroppo ne ha anche troppi.

Da dazebao.it


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