Facciamo fare un bel viaggio alla Mehari di Giancarlo Siani

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di Alberto Spampinato  

Dopo l’esposizione al Palazzo delle Arti di Napoli si spera che questo simbolo dei giornalisti uccisi e di quelli minacciati sia esposto in Italia e nel mondo

È stato emozionante rimettere in moto la macchina di Giancarlo Siani ed esporla come un monumento al Palazzo delle Arti di Napoli. Adesso, io penso, la Mehari deve andare in giro per l’Italia e per il mondo a portare il messaggio sociale che, come abbiamo visto, riesce a comunicare con una carica emotiva che fa riflettere anche le persone più distratte.

Il messaggio è chiaro: anche in Italia è necessario difendere la libertà di stampa e di espressione e possiamo difenderla mobilitando le coscienze, proponendo il ricordo di chi è stato ucciso per avere esercitato questo diritto senza riserve. Ma dobbiamo ricordare, allo stesso tempo, l’esempio di quei giornalisti, operatori dei media, intellettuali e di tutti gli altri che ogni giorno, sotto i nostri occhi, subiscono violenze ed abusi semplicemente perché non si fanno intimidire e comunicano apertamente le proprie idee, informano l’opinione pubblica su fatti che è bene che i cittadini conoscano e che, invece, camorristi, mafiosi e prepotenti di ogni risma vogliono tenere nascosti.

La Mehari esprime questo messaggio e può diffonderlo in tutto il mondo. L’esposizione di Napoli, sia pure implicitamente, è stata concepita come la prima tappa di questo grande viaggio.

Intraprendere questo viaggio sarebbe bello, riaccenderebbe la speranza, simboleggerebbe la volontà collettiva di ribellarsi alla violenza e alla sue inaccettabili imposizioni che ci privano del bene più prezioso: la nostra libertà.

Con la collaborazione delle vittime, dei loro familiari, delle associazioni e delle istituzioni non sarebbe difficile portare ovunque la Mehari, esporla nei grandi musei, nei luoghi di massima frequentazione, nelle città in cui sono stati uccisi altri giornalisti e dove tante volte è difficile riflettere serenamente su ciò che è accaduto.

La Mehari di Giancarlo parla da sola. Il corredo che la circonda (pannelli, video, immagini, schede) fornisce dati, elementi, inquadramenti che molti non conoscono e sono istruttivi non solo per i più giovani. Strada facendo, ad ogni tappa, questo corredo di documentazione potrebbe crescere con una costruzione collettiva e coprire quel vuoto di documentazione e di conoscenza che tutti avvertiamo. Con Paolo Siani ne discutiamo da mesi come di un sogno che con poco potrebbe realizzarsi.

È ovvio che questa auto parla innanzitutto di Giancarlo Siani, ma non ricorda solo lui. Rievoca la ferocia con cui sono stati eliminati uno per uno tanti altri giornalisti indifesi, uno dei quali era mio fratello Giovanni. Idealmente tutti questi giornalisti sono già saliti a bordo della Mehari, accanto a Giancarlo.

Noi di Ossigeno per l’informazione li abbiamo ricordati nel pannello intitolato “Ventisei nomi una sola storia” che raccoglie le loro foto. Finora si è fatto poco per far sapere chi è stato ognuno di loro, cosa ha fatto, quale segreto indicibile ha rivelato o stava per rivelare, quale esempio di impegno civico e professionale rappresenta, con quanta ferocia è stato ucciso e con quanto cinismo è stato denigrato. La nostra società ha bisogno di esempi positivi. Perché sprecare questi esempi che abbiamo a portata di mano? Il Comune di Napoli e la Regione Campania hanno permesso alla Mehari di iniziare il grande viaggio. Io spero che in Italia esistano altre istituzioni generose che possono farlo proseguire. Credo che riusciremo a trovarle. Buon viaggio Mehari!

OSSIGENO


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