Il Levante e la democrazia consensuale

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da ilmondodiannibale.globalist.it

Eccoci dunque alle prese con il dramma egiziano. Un dramma importantissimo, rilevantissimo, e dalla lezione chiara. Ma non tanto da oscurare quel che accade in Siria. L’Ansa in queste ore ha indicato come il povero padre Murad, in Siria, sia stato probabilmente ucciso da un gruppo di ceceni, guidato dai tristo figuro noto come Abu al Banat, ritenuto infiltrato da elementi dei servizi segreti russi. Rilevante? Sembrerebbe di sì, perché il destino di tanti cristiani appare molto importante per chi usa la disinformazione per influenzare le opinioni pubbliche contro gli insorti. Che volete che sia uccidere un prete per incolparne i fondamentalisti. Ma se noi fossimo attenti anche al dramma di tutti i siriani, di un popolo torturato da mezzo secolo da un regime feroce e totalitario, forse quel crimine non sarebbe stato commesso, padre Murad sarebbe ancora tra noi, in una Siria liberata dalle mafie assiepate attorno alla massa tumorale della famiglia Assad.

Questo vuol dire che bisogna intervenire, sparare, fare un bel golpe? No.

La lezione di questi terribili fatti è che una volta fissato che non si può scendere a patti con chi commette crimini contro l’umanità, per il resto in Medio Oriente c’è solo una bussola, quella della democrazia consensuale. Sarebbe inimmaginabile dopo la rivoluzione in Siria un governo contro gli alawiti, contro la comunità alawita. Impensabile e tragicamente sbagliato. Come è sbagliato inseguire in Egitto la via del dispotismo illuminato.

Questa scarciatoia, su cui spese parole bellissime Borges, non è a portata di mano nel Levante, società complessa che un tempo però si articolava tra diverse appartenenze, oggi solo sui confini confessionali. E allora per disfare questa matassa bisogna disfarla insieme. E tornare a dividersi tra progressisti e conservatori, destri e sinistri: questi possono trovarsi in maggioranza o all’opposizione, non cristiani, drusi, sunniti, sciiti e così via. Ecco allora che la formula magica a cui bisogna tendere è “diritti all’individuo, garanzie alle comunità”.

E’ un errore considerare le società complesse del Levante (e dell’Egitto) come le nostre. Per smantellare il confessionalismo bisogna ripartire da lì, dal confessionalismo, emendandolo con il concorso di tutti, inclusi i Fratelli Musulmani ovviamente. Le formule possono essere tante, ma una va esclusa: le catechesi diurne di giudici nostrani che dalle home page dei loro giornali sentenziano la morte dell’Islam moderato quando 17milioni di egiziani (musulman in buona parte forse?) tutti insieme scendono in piazza per dire a Morsi di fare le valigie, o altre amenità simili. Ieri Rep. (perché non dargliene atto?) ha pubblicato uno strepitoso articolo di T. Friedman: auspicabile che lo abbiano anche letto.

Finché il “mondo laico” si identificherà con i generali, da Ataturk a Gheddafi, da Assad padre a Mubarak, si renderà complice di quell’autoritarismo che ha impedito la democrazia consensuale. E’ l’ora di superare il bivio impossibile tra generali e religione, per consentire alle religioni di tornare a essere ciò che sono, non “la soluzione”, ma “solide base valoriali”. (tra le quali è ampio il famoso overlapping consensus).

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