Notte di San Lorenzo. Dopo il voto. Martedì 28 maggio

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Da corradinomineo.it

“Vince l’astensione, perde Grillo, sale il Pd”, Corriere della Sera. “Grillo, arrenditi. Dalle stelle alle stalle” scrive Il Giornale. “Mezza Italia contro i partiti, bene Marino, male Grillo” Il Fatto Quotidiano.“Fuga dal voto, flop dei grillini”. commenta La Stampa.“La rivincita del Pd, crolla Grillo”, sintetizza  La Repubblica”. Così è se vi pare.

L’astensione non sorprende. Mi sia consentito evocare il Gattopardo di Tomasi – Visconti a proposito del referendum sull’annessione del sud d’Italia. “Eccellenza, io avevo votato no, no, cento volte no”, si lamenta Ciccio Tumeo con il Principe. “Si inghiottono la mia opinione, avevo detto nero e mi hanno fatto dire bianco”. Molti elettori  che avevano votato a febbraio Pd contro PDL, o PDL contro Pd, dopo il governo delle “larghe intese”, devono aver condiviso la frustrazione di don Ciccio. E sono rimasti a casa, in attesa di capire. Inoltre si sta facendo strada l’idea che neppure i Sindaci contino più molto. Patto di stabilità che li imbriglia, troppe liste che li ingrossano, leggi che ingessano, domande dei cittadini che restano, purtroppo, inevase.

Beppe Grillo ha visto le acque dello Tsunami ritrarsi e lasciarlo a secco. Troppo chiaro era apparso il suo desiderio di spingere Pd e PDL ad abbracciarsi. “Hai vinto, Grillo, Pdmenoelle e PDL insieme, e tu ora che fai?”. I tuoi “sindaci”,onesti sconosciuti, non si son trovati a competere con un Ircocervo con le fattezze a metà di Alfano, a metà di Letta. Nei comuni c’erano ancora candidati di destra e di sinistra. In mezzo i 5 Stelle a responsabilità limitata. Proprio ieri Crimi aveva avvertito deputati e senatori: se discutete di alleanze, siete fuori. Eletti impotenti. Serve un Sindaco impotente? Uno che deve  temere il prossimo tweet di Grillo? E le stelle sono venute giù, come lacrime di San Lorenzo.

Dal risultato del primo turno si vede bene, inoltre, come la rimonta della destra sia ancora solo virtuale. Berlusconi lo sapeva. Perciò si era tenuto stretto il Governo, cercando di prendere il fuoco (qualche soldo in Europa per onorare le sue promesse) con le mani di Enrico Letta. Alle politiche aveva perso dei milioni in meno di voti già, aveva indossato un doppio petto ormai sgualcito, visto orde di clienti ritirarsi o riciclarsi. Si, si era ritrovato sempre quello zoccolo duro, in realtà lo aveva riconquistato con una campagna spregiudicata e rischiosa: no tasse, no sinistra, il minimo imponibile di legalità. Ma uno zoccolo che si mobilita solo per una campagna a tinte forti, e con Silvio candidato. Non per “Alemanno” che, a Roma. ha deluso persino i taxisti.

Al nord si è manifestata quanto profonda sia la crisi della Lega. Lo sforzo per eleggere Maroni in Lombardia era stata l’ultima spiaggia. Ma, come Bossi e più di Bossi, il segretario – governatore è apparso come un satellite di Berlusconi. Macro regione? Dovrebbe dargliela Letta, figuriamoci! In Parlamento la Lega ha detto addio al tempo di Monti. Ora non è né al governo né all’opposizione. La secessione attesa invano, il federalismo rinviato, la scissione non scongiurata.

Infine, il Pd. Faccio rispettosamente notare ai miei colleghi giornalisti e commentatori che lo psicodramma nazionale, da “smacchieremo il giaguaro” a “governeremo con il giaguaro”, si è svolto tutto a sinistra. Vorrà pur dire qualcosa se la sinistra in questi mesi è stata il campo, l’unico, del dibattito politico nazionale. Sinistra debole, incerta e divisa ma sempre sinistra. Con Berlusconi che gioca solo nel campo avverso e i 5 Stelle che sventolano un uomo di sinistra, Stefano Rodotà, come bandiera contro la sinistra che sbiadisce. “Grillo che vuole? Controllare i suoi. E Berlusconi? Fa lo statista per scongiurare l’interdizione dai pubblici uffici”. Si saranno detti questo nelle case o nei caffè. E allora non resta (per ora) che la sinistra. Che offre in genere candidati sindaci di pasta migliore, o meno scadente. In qualche caso (ed è caso grosso, trattandosi di Roma) con una faccia pulita, quella di Ignazio Marino, che ha votato Rodotà Presidente contro le direttive di partito e si è dimesso dal Senato senza avere ancora in tasca il biglietto per il Campidoglio.

Viva! Ma non facciamoci idee strane. Se la crisi (della sinistra) continuasse al lungo, altre idee verrebbero in campo. Il dibattito congressuale si potrà ora sviluppare in un clima più sereno, o, almeno, caratterizzato da minore angoscia. Ma il campo della sinistra (che oggi è grande parte del campo della politica) attende spiegazioni convincenti, chiede proposte utili, pretende sincerità. Quanto al Governo può andare avanti. Ha ricevuto una sorta di via libera. Molti cominciano a pensare che, se Letta saprà farsi valere in Europa e otterrà qualcosa per i giovani e  il lavoro, questo Governo “di necessità” avrà trovato un suo perché. Ma, attento Enrico, da oggi Berlusconi prenderà a misurare la forza d’attrazione che eserciti sul “suo” campo. Comincerà a temere il ritorno di una DC 2.0, i cui esponenti lo onorano e in parecchi gli devono molto, ma con tutta evidenza vorrebbero accompagnarlo alla pensione. Non gli piacerà.

E su tutto un senso d’attesa, il sentimento di una precarietà in bilico tra rabbia e rassegnazione. La partita è aperta, sugli spalti gli spettatori attendono che le squadre escano dagli spogliatoi. Niente è scontato, a cominciare dal ballottaggio per l’elezione dei sindaci.

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