La giustizia c’est moi. Il caffè di domenica 12 maggio

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“Io resto qui”, “Non mi fermeranno”, “Un caso nel governo”, “Alfano plaude, Letta e Colle zitti”, “Giustizia, fischi per Berlusconi”. Abbassando i toni, come si conviene nel reame di Giorgio I, al tempo delle larghe intese, osserveremo come Berlusconi abbia spiegato con chiarezza il termine “pacificazione”.

Non potete processarmi, ha detto dal palco di Brescia, perché processereste  i milioni di Italiani che mi votano. Il consenso elettorale, dunque, come Cassazione della Cassazione. Ha poi chiesto di disarmare la magistratura. In tre mosse. Il pubblico ministero sia solo un avvocato dell’accusa. Il giudice che sbaglia paghi del suo. Basta con le intercettazioni. Che vuol dire? Che nessun ricco e potente verrà mai più condannato. Perché la famosa telefonata in questura per affidare Ruby alla Minetti non sarà intercettata e dunque non sarà mai avvenuta. Perché i pubblici ministeri rinunceranno al processo contro chi possa pagarsi principi del foro a tempo pieno. E il giudice, prima di pronunciare sentenza contro un galantuomo penserà a quei 25 milioni di risarcimento che potrebbero essergli chiesti (come a Milena Gabanelli).

Infine il processo potrà svolgersi nelle piazze e in televisione. Stasera, alla vigilia della sentenza Ruby Canale 5 smonterà le accuse contro il suo editore. E a Brescia la piazza è stata già equiparata a un’aula di giustizia. Che vergogna, Sky, che ha fatto vedere i contestatori. Vergogna il prefetto che non li ha fatti cacciare a pedate, mentre Silvio pronunciava l’arringa in sua difesa.

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Così è se vi pare. E noi, che facciamo? Per me è semplice. L’ho detto dal primo giorno che Berlusconi si sarebbe preso la briga di mostrare quanto infondata fosse l’illusione di Napolitano di poter pacificare il paese con le larghe intese. L’unica pacificazione possibile essendo, per il Caimano, la resa senza condizioni degli avversari e dello stato di diritto. In questo contesto, al governo Letta si possono chiedere solo poche cose indispensabili per l’emergenza lavoro. La sinistra (in senso lato, cioè tutti coloro che non vogliono finire in una repubblica per bananieri ricchissimi e poveri cristi presi a calci) dovrebbe riflettere sugli errori e cominciare a riunirsi.

Altri (Grillo) gli ha fatto schifo ogni intesa con Bersani. Altri (Travaglio) ha spiegato che il Pd era più impresentabile del PDL. Altri (Ingroia)  ha detto che il nemico era Monti e non più Berlusconi. Ora tutti (e con loro Vendola) gridano : fate cadere il governo Letta – Alfano. Per far cosa, di grazia? Forse che domani il Movimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia e Libertà proporranno in Parlamento al Pd un accordo di governo in tre punti : ridare agli elettori il diritto di eleggere i rappresentati, misure d’emergenza per il lavoro e il credito alle imprese, misure contro la corruzione e il voto di scambio? Non lo faranno

Prendiamoci, allora, quel poco di buono che il sabato comunque ci propone. Vendola e Rodotà, a SS Apostoli,  hanno cercato di parlare a tutta la sinistra. E’ cosa buona e giusta. All’assemblea del Pd, i dirigenti più responsabili (penso a Cuperlo) hanno raccontato la crisi del loro partito nel quadro della più generale crisi della democrazia e dell’Europa dopo il 2008. Per ciò stesso postulando uscite più radicali. I cittadini che a Brescia hanno contestato Berlusconi hanno saputo esercitare un loro diritto civile, senza farsi trascinare nella trappola dello scontro con la polizia. Berlusconi schiumava di rabbia. Letta e Renzi, ognuno a suo modo e magari in concorrenza, provano a immaginare una leadership alternativa a quella di Berlusconi

Il sole sorge e tramonta, invece di gridarci a vicenda “vergogna”, proviamo a cambiare qualcosa. Ius soli, legge contro mariti, familiari e amanti che ammazzano le donne. Vi par poco?

Da corradinomineo.it


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