Si muore per mancanza di lavoro e nei posti di lavoro si muore ancora di amianto

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Si muore – spesso ci si toglie la vita – per mancanza di lavoro. Si muore anche di lavoro, come rivelano e dimostrano i terrificanti dati raccolti dall’Osservatorio indipendente di Bologna: dall’inizio dell’anno almeno 92 lavoratori sono morti per infortuni sui luoghi di lavoro. Un’autentica carneficina. C’è poi un modo particolarmente atroce di morire. Morire per amianto, per aver respirato nei luoghi di lavoro materiali fibrosi che non lasciano scampo. L’ultima vittima di cui si ha conoscenza si chiamava Antonio Stilo, aveva 64 anni. E’ il venticinquesimo dipendente della Soprintendenza di Pompei che muore a causa di una malattia tumorale. La procura di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo d’inchiesta su questi decessi definiti “anormali” avvenuti negli ultimi anni tra il personale della Soprintendenza di Pompei. Il sospetto, che è qualcosa di più di un sospetto, è che a provocare queste morti siano le fibre che si sprigionano dai tetti di lamiera lesionati dei container che ospitano la Soprintendenza. Nella perizia condotta da esperti per conto dell’INAIL si legge di “fibre sottili di amianto”; e in una perizia disposta dalla Soprintendenza – pensate, di 14 anni fa – si legge che da quei container si registra “una micro-dispersione di amianto”. I container e i posti di guardia per i custodi, che avrebbero provocato, con le loro microfibre avvelenate, la morte di 25 persone, furono installati subito dopo il terremoto; costruzioni, si disse, “provvisorie”. E in omaggio al detto che nulla è più definitivo del provvisorio, 32 anni dopo sono ancora lì.
Nel giugno scorso è morto un altro dipendente della Soprintenda; si chiamava Francesco Guida, che agli investigatori ha raccontato episodi sconcertanti. Per esempio di aver ricevuto l’ordine di seppellire materiali altamente inquinanti e pericolosi per la salute nel perimetro interno dell’area archeologica. “I visitatori” testimoniò, “ignorano di camminare su di un terreno avvelenato”. Nel novembre scorso a morire per colpa delle polveri sottili sprigionate dai container e’ stata l’archeologa Marisa Mastroroberto, aveva 57 anni, ed era ritenuta una delle archeologhe più in gamba della storia degli Scavi. Più in generale: la legge 257 del 1992 ha messo al bando l’amianto, ma non pone alcun obbligo di bonifica degli edifici costruiti prima. I ritardi cumulati ancora oggi comportano gravi conseguenze. Le scuole, per esempio: in almeno 2400 edifici scolastici c’è amianto. A vent’anni dalla messa fuori legge, non c’è neppure una mappatura completa degli edifici, non conosciamo le dimensioni della situazione. Nel solo Lazio è stato mappato solo il 4 per cento del territorio, e sono stati trovati ben 4000 edifici pubblici o aperti al pubblico con presenza di amianto.


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