“Ma tu, con quello che fai, ti mantieni?” Troppo spesso la risposta è “no”. Specie per i giovani giornalisti

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«Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa». È il testo di un articolo della nostra Costituzione. È un diritto. Ma quanti cittadini possono dire che esso sia fatto valere, oggi, in Italia? Quanti riescono serenamente a mantenersi con quello che guadagnano lavorando tutto il giorno, senza dover chiedere soldi in prestito, o farsi coprire qualche spesa – la casa, le vacanze, le cure mediche – dalla famiglia d’origine? E in particolare, quanti tra coloro che svolgono professioni intellettuali, i giornalisti in primis?

Nel campo dell’informazione il livello di emergenza è stato ormai superato da un pezzo. Se le parole contenute nel bellissimo articolo 36 della Costituzione hanno valore per quei giornalisti (ormai la minoranza) assunti con il contratto di lavoro giornalistico e tutte le tutele sindacali, molto meno purtroppo ne hanno per la pletora – sono oltre 25mila – di precari, freelance, collaboratori esterni, «abusivi in redazione», cococo o cocopro col contratto rinnovato di anno in anno.

Dopo un lungo periodo di omertà, in cui molti sapevano ma nessuno aveva il coraggio di uscire allo scoperto, negli ultimi tempi il velo è stato sollevato: la ricerca «Smascheriamo gli editori» dell’attuale presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino, l’«auto-censimento» di Errori di Stampa sui compensi previsti dalle testate giornalistiche del Lazio, le denunce dei tanti collettivi spuntati come funghi in tutta Italia – come quello dei precari della Campania o Refusi del Veneto. Tutte iniziative che hanno contribuito a far emergere la drammatica situazione dei giornalisti sottopagati. E per pudore non apriamo il capitolo delle collaborazioni gratuite, degli aspiranti pubblicisti abbindolati e convinti a scrivere senza ricevere il becco di un quattrino, con il miraggio di un’iscrizione all’albo palesemente farlocca.
Per questa, e molte altre ragioni, il Festival del Giornalismo di Perugia è sembrata la “casa” perfetta dove presentare il nostro nuovo progetto editoriale:  Articolo36.it [http://www.articolo36.it/], testata giornalistica online dedicata al mondo del lavoro con particolare attenzione alla questione retributiva. Per la serie: «Ma tu, con quello che fai, ti mantieni?». Troppo spesso la risposta è «no». Specie per i giovani giornalisti.

Eppure un compenso dignitoso per la propria prestazione professionale non è solo un diritto costituzionale: è anche, nel caso dei giornalisti, una conditio sine qua non per poter svolgere il mestiere. Raccontare la verità vuol dire spesso infastidire qualcuno – anche i giornalisti meno “d’assalto” sanno bene quante pressioni si subiscano, e quante minacce di querela volino ogni volta che si fa una domanda non gradita. Chi guadagna troppo poco è costantemente sotto lo scacco del ricatto, dell’intimidazione, della censura e talvolta addirittura dell’autocensura.
Articolo36.it racconta a 360 gradi il mondo del lavoro e in particolare i settori – ormai tutti – dove si annida il lavoro sottoinquadrato e sottopagato, del quale i giornalisti sono uno degli esempi più eclatanti. Lo fa impegnandosi in un «patto con il lettore» a pubblicare contenuti editoriali originali, a non fare copincolla di agenzie e comunicati stampa, a verificare le notizie, a sentire tutte le campane, a fornire un’informazione approfondita e di qualità. Lo fa rinunciando completamente, sul suo sito, ai banner: perché comunque gli introiti della pubblicità online sono bassissimi. Per contro, chiede ai lettori di entrare attivamente nel circuito virtuoso della buona informazione sul web, pagando – pochi centesimi – per la fruizione dei contenuti, spendendo i propri “crediti” che permettono di scegliere uno per uno gli articoli da leggere e ricaricare il proprio “conto crediti” con 3, 5 o 10 euro.

Ovviamente chi predica bene deve essere il primo a razzolare bene: e la piccola realtà editoriale indipendente che edita Articolo36.it  (oltre che Repubblicadeglistagisti.it e Nexthr.it) si impegna – con enorme fatica – a pagare dignitosamente i propri collaboratori giornalisti, rinunciando alla quantità (e al traffico web correlato) in favore della qualità del prodotto giornalistico.
È un unicum nel panorama dell’informazione online italiana. È una scommessa. Ci sentiamo un po’ portatori sani di un virus di innovazione e di etica. Speriamo di diffondere il nostro virus. Viva il primo maggio, viva chi lavora bene, viva il lavoro ben pagato.

http://www.repubblicadeglistagisti.it 


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