Nuovi scioperi ad Almaviva: i sindacati da che parte stanno?

0 0

Claudio Zappalà

Qualche mese fa, sulle pagine di questo giornale, si raccontava la storia di Matilde, dipendente con contratto a tempo indeterminato costretta a fare i conti con la delocalizzazione della commessa per cui prestava servizio: Vodafone.

Oggi sono i lavoratori a progetto, sempre di Almaviva, che temono per la perdita del posto.

I LAP sono quei lavoratori che guadagnano solo se lavorano, e solo se raggiungono gli obiettivi richiesti. Hanno contratti di breve o brevissima durata, anche solo di un mese. Non hanno diritto a ferie o malattia e la loro retribuzione, genericamente, è inferiore a quella di un lavoratore dipendente. Non possono chiedere prestiti o mutui, e se oggi lavorano il mese prossimo potrebbero non avere più un contratto. Questo fino ad oggi.

Ad Agosto 2013 viene firmato un accordo nazionale tra le aziende di call center e i sindacati, che dovrebbe – ma il condizionale è d’obbligo – migliorare le condizioni di una categoria che pare non meritare diritti. L’accordo, che entrerà in vigore a partire da ottobre, coinvolge oltre 30.000 lavoratori e prevede: un compenso minimo garantito, la garanzia di una continuità lavorativa, e l’istituzione di un ente bilaterale che consenta di coprire periodi di lunghe malattie o di gravidanza.

Tutto bello, tuttavia la storia ci insegna ad essere prudenti.

Dopo una serie di riunioni, mercoledì 18 settembre i lavoratori a progetto di Almaviva decidono di non andare a lavorare. Le commesse coinvolte sono ALTROCONSUMO, WIND, INFOSTRADA e MEDIASET. I LAP di VODAFONE BUISNESS restano a lavorare, intimoriti dalle pressioni dei loro capi gruppo.

“Tutti, tranne una ragazza, stoica, che ci ha seguito.” Mi racconta uno dei lavoratori che nel pomeriggio di mercoledì si sono riuniti in maniera informale nella sede della CGIL di Catania.

Il motivo di tanto rumore?

“Non vogliamo firmare la conciliazione. Subiamo l’accordo, subiamo come sempre, ma non vogliamo firmare un accordo che cancelli il passato e che ci faccia perdere tutti i diritti d’anzianità.”

L’accordo, chiuso dai sindacati, prevede infatti che il lavoratore firmi una conciliazione che ha l’effetto di cancellare il passato lavorativo del dipendente. Questo significa che il lavoratore perde i vantaggi conseguiti dall’anzianità di servizio. Si riparte tutti da zero, con uno stipendio di un dipendente di 2° livello, che percepirebbe un compenso pari al 60% rispetto a quello di un lavoratore dipendente, per arrivare al 100% solo nel 2018.

“Io lavoro in questa azienda da cinque anni. Già da adesso dovrei essere al 100%. Mi rinnovano da anni cambiandomi semplicemente il numero di matricola.”

Inoltre, cancellando il passato, il lavoratore perde la possibilità di fare causa all’azienda.

Perché il lavoratore dovrebbe fare causa all’azienda?

Il motivo è dato da una sentenza della cassazione del 2012 (Cass. sez. lav. n. 4476/2012), che vede protagonista proprio Almaviva. Roberta B., LAP dal 2001, per sei anni lavora per l’azienda; il rapporto di lavoro, camuffato da un lavoro a progetto, è da considerarsi in realtà un lavoro subordinato. Alla lavoratrice viene riconosciuto un risarcimento di 70 mila euro e la riassunzione con un contratto a tempo indeterminato.

Tutti i LAP di Almaviva, svolgono mansioni da dipendenti, pur avendo un contratto a progetto, ed hanno tutti le carte in regola per fare causa all’azienda.

La conciliazione farebbe si che i dipendenti rinuncino alla possibilità di fare vertenza, dando un significativo colpo di spugna al passato. L’azienda risparmia centinaia di grane legali e il lavoratore, sentendosi con le spalle al muro, per non perdere il lavoro, firma la conciliazione.

Almaviva infatti, pare abbia dato l’aut aut. Il 27 settembre si firma la conciliazione e poi il nuovo contratto. Se non firmi sei fuori. Il contenuto della conciliazione e del nuovo contratto è ignoto a tutti.

“Se ci va bene l’azienda ci farà leggere il contratto qualche giorno prima della firma, ma per la conciliazione non se ne parla. Ci metteranno davanti i fogli e ci diranno: firma! Senza poterteli portare a casa e farli leggere ad un avvocato.”

I piani di Almaviva probabilmente non prevedevano questa rivolta di massa. Avendo già chiuso l’accordo con i sindacati, forse pensavano di essere al sicuro.

“I sindacati ad Almaviva non c’hanno mai messo piede. Firmano gli accordi ma noi non siamo rappresentati da nessuno. Ci stiamo muovendo da soli.”

Molti pensano anche che con questa operazione Almaviva possa facilmente liberarsi di dipendenti in esubero, visto che non può licenziare i dipendenti della commessa Vodafone che hanno un contratto a tempo indeterminato.

Senza avanzare accuse che per il momento non possono essere confermate dai fatti, viene da chiedersi per quali ragioni CGIL, CISL e UIL hanno firmato un accordo che pende nettamente dalla parte delle aziende. In attesa di nuovi sviluppi, i lavoratori di Almaviva, si muovono compatti, ma da soli, senza quei sindacati che oggi si sono schierati dalla parte dei padroni.

da isiciliani.it


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21