NoTav e Palestina, quel filo rosso sangue che Erri De Luca non vuole vedere

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Fa discutere la notizia della denuncia contro lo scrittore Erri De Luca, che sarà presentata nei prossimi giorni da Ltf, la società che si occupa della realizzazione della linea ad alta velocitàTorino-Lione, in seguito alla posizione di De Luca in favore delle azioni di “sabotaggio” contro il cantiere in Val di Susa. In una recente intervista all’Huffigton Post, De Luca ha dichiarato: “La Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”. Intervenuto anche a Mugnano, vicino Napoli, dove ha presenziato ad un’iniziativa contro gli inceneritori, Erri de Luca ha chiaramente espresso la sua contrarietà alla costruzione di opere inutili e imposte dall’alto.

“Quella valle sta sabotando quell’opera considerata inutile e particolarmente nociva. Sta stuprando quella valle, e quella valle si difende con tutti i mezzi possibili sabotando quell’opera”, afferma De Luca, “Le manifestazioni a cui ho partecipato in Val Susa erano delle manifestazioni non autorizzate e le manifestazioni sono un diritto non trattabile…Più di 20 anni di resistenza civile, di democrazia di massa dal basso contro un’opera inutile e dannosa imposta con la forza è un esempio di democrazia civile…quando si tratta della difesa della propria vita e dei propri figli qualunque forma di lotta è ammessa”. Ascoltando le parole di Erri De Luca, non si può non pensare ad un’altra opera, creata per interessi politici, che stupra un territorio ed è odiata dai suoi abitanti: il muro di separazione tra Israele e Palestina.

L’avvio dei lavori per la costruzione del muro, voluto dall’allora primo ministro di Israele Ariel Sharon, venne giustificato parlando di necessaria difesa di Israele dal terrorismo. Era il 2002, la seconda intifada era scoppiata da poco, e fu facile convincere il mondo dello scopo difensivo della barriera. Il muro di cemento e ferro, alto 8 metri e circondato da fossati, larghi dai 60 ai 100 metri, da allora si è esteso per una lunghezza di 450km, ben oltre i limiti fissati dalla Green Line, sconvolgendo la vita di migliaia di palestinesi.

Il 12% della popolazione palestinese della Cisgiordania vive tra la Green Line e la barriera, isolata, costretta all’umiliazione del passaggio quotidiano dai checkpoint israeliani per uscire dal proprio villaggio, una mobilità che spesso viene negata.  Il muro divide inoltre le case dai campi coltivati, impedendo ai palestinesi di poter lavorare i propri terreni. Per questo leggendo le parole dell’intervista ad Erri De Luca sulla Tav, non si possono non accostare queste due realtà: “Non so cosa potrà succedere. Mi arrogo però una profezia: la Tav non verrà mai costruita. Ora l’intera valle è militarizzata, l’esercito presidia i cantieri mentre i residenti devono esibire i documenti se vogliono andare a lavorare la vigna. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa”.

Eppure, lo scrittore questo parallelismo non sembra coglierlo. Da sempre grande sostenitore di Israele, De Luca sembra ritenere ingiuste solo alcune occupazioni militari. Forse  la quotidiana esibizione dei documenti, i dinieghi al passaggio, la confisca dei terreni, gli arresti, i lacrimogeni lanciati contro manifestanti pacifici in Val di Susa sono differenti dai medesimi atti che quotidianamente avvengono in Palestina contro la popolazione civile ad opera dell’esercito israeliano? lronia della sorte, i movimenti di lotta contro l’occupazione in Palestina e il movimento no Tav sono legati con un filo molto stretto: il filo spinato usato in Val di Susa è fornito infatti da Israele, ed impiegato dall’esercito israeliano nelle più varie situazioni nei Territori Palestinesi Occupati.

Se questo non bastasse, anche in Palestina si porta avanti da mesi una lotta contro la costruzione di una linea ferroviarie ad alta velocità: la linea Tel Aviv-Gerusalemme, progetto che andrebbe a delinearsi per 6,5 km all’interno dei Territori Palestinesi Occupati, in piena violazione delle leggi internazionali e della IV Convenzione di Ginevra a favore unicamente delle popolazione civile israeliana, come denunciato dall’organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq e dalla campagna BDS “Stop that Train”. Il progetto della ferrovia israeliana, che prevede la realizzazione di tunnel, ha già determinato l’illegittima confisca di terre palestinesi nei villaggi di Beit Iksa, Beit Surik e Yalu.

La difesa della propria terra e dignità è un diritto, e chi si pone come difensore della libertà e della resistenza civile dovrebbe farlo senza schierarsi, a seconda del contesto, dalla parte dell’occupato o dalla parte dell’occupante. Questo, citando una bellissima poesia proprio di Erri De Luca, “considero valore”, e coerenza.


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