La rete del papa

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La 28˚ Giornata mondiale della gioventù promossa dalla Chiesa cattolica si tiene in Brasile, uno dei paesi più rappresentativi delle contraddizioni del millennio. Ed è la prima scadenza globale del nuovo Papa di Roma. Se ne parla abbondantemente sui media. Tuttavia, può essere interessante cercare di capire la novità di Francesco. In due parole: Wojtyla costruì un rapporto strettissimo con la televisione generalista, Ratzinger rappresentò il modello classico della scrittura, Bergoglio è l’inveramnento del famoso aforisma di McLuhan: «il mezzo è il messaggio». Come ha sottolineato Enzo Bianchi i gesti comunicano profondamente la volontà di operare una svolta nel governo ecclesiale: dal «buonasera» quando apparve lo scorso 13 marzo alla finestra di S.Pietro, alla prima visita apostolica a Lampedusa, al lavaggio dei piedi di dodici detenuti (di cui alcuni non battezzati) nel carcere minorile romano di Casal del Marmo, all’immagine fortissima della cartella portata a mano in aereo, che si aggiungono all’insieme degli atti tesi a rendere sobria la funzione del Capo del cattolicesimo: un essere umano, un pastore nella drammatica globalizzazione indifferente e dis-umana che domina la terra. Francesco, dunque, è il messaggio, che si diffonde su diverse piattaforme, fino alla rete. Anzi. La rete è utilizzatissima ed è possibile persino ricevere l’indulgenza plenaria stando connessi Giovanni XXIII˚ fu assai versatile e capace di interagire con l’informazione, ma il sistema mediatico era ancora lento ed arretrato. Giovanni Paolo II˚ agì in maniera straordinariamente aderente ai ritmi, agli stili, alle modalità della televisione generalista. Grande protagonista della più classica cerimonia mediatica, Wojtyla era un perfetto comunicatore dell’era analogica: uno verso la moltitudine, con impressionante abilità espressiva. I suoi discorsi, i viaggi, le apparizioni radiose e quelle segnate dalla malattia erano (e sono) pagine indimenticabili. Mai un Papa aveva dato un’interpretazione tanto forte di un magistero generalmente tenuto sotto la coltre del segreto. Wojtyla che canta con i giovani, che sorride, che ironizza, che tuona contro la mafia : un album di sequenze straordinarie. Benedetto XVI˚ è stato un colpo di freno alla e della mediatizzazione, salvo il ricorso a twitter nell’ultima fase del pontificato. Tuttavia, il cuore dell’attività di Ratzinger è il ritorno insistito alla cultura cartacea, intesa probabilmente come forma superiore di comunicazione, mentre «la tecnica assume un valore ambiguo», come si asserisce nell’enciclica «Caritas in Veritate». Un pontificato contraddittorio quello del Papa tedesco, risolto con un gesto altissimo, che ha colpito per il rigore e la nettezza anche il mondo laico. Il desiderio del silenzio, come in un film di Bergman. Dopo la rarefazione non poteva che seguire una rottura di continuità. Dall’uso diversificato dei media si è transitati direttamente ad una personalità che è di per sé un medium. Del resto, in Francesco si ritrova quanto sta scritto nel prologo del Vangelo di Giovanni dove, ci ricorda don Giulio Albanese nel suo felice volume «Missione XL» (2012), si dice che «in principio era il Verbo», la parola, appunto. Ed è la stessa etimologia di «comunicare» che ci aiuta a comprendere il nesso tra missione e comunicazione. E ne «Il lembo del mantello» Martini (1991))scrisse che i media «sono un’atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato». E Francesco indossa tutta l’umanità come fosse la sua pelle, secondo la premonizione di McLuhan.
Meditiamo noi laici, meditiamo.

da “Il Manifesto”


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