La lezione inascoltata di Leopoldo Elia

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Dieci anni senza il coraggio, la lungimiranza e la passione visionaria di Leopoldo Elia, scomparso il 5 ottobre 2008 all’età di ottantadue anni.
Dieci anni senza la sua lucidità, il suo coraggio e la sua forza d’animo, propulsori di uno spirito battagliero, sempre pronto a schierarsi in difesa del diritto e dei diritti, contro ogni forma di prepotenza, di prevaricazione e di barbarie, che si trattasse dell’attacco della destra berlusconiana alla Costituzione o del berlusconismo televisivo che, come aveva intuito Andreatta fin dal ’94, stava mutando nel profondo l’immaginario collettivo degli italiani.
Elia, un intellettuale vero, cosciente del senso del limite e della misura, era una di quelle personalità che abbiamo trovato sempre al nostro fianco negli anni dei Girotondi intorno alla RAI, del contrasto alle leggi bavaglio e alle leggi vergogna, dei lodi amorali e incostituzionali, della lenta e progressiva scomparsa della sinistra, delle sue sconfitte e dei suoi intollerabili cedimenti.
Elia no, non ha mai accettato di seguire la corrente, al pari di altri cattolici democratici, tanto sobri quanto combattivi, capaci di coltivare la radicalità rifiutando ogni forma di radicalismo, miti e gentili ma fermi, per nulla inclini alla rassegnazione di fronte all’indecenza e all’acquiescenza nei confronti dell’oppreessione, da qualunque parte essa provenisse, eredi dell’ispirazione dossettiana, della sua maieutica e della sua attenzione verso tutto ciò che si muove nel grembo della società e di un Paese che, per dirla con Moro, ha sempre avuto passioni intense e istituzioni fragili. Un Paese, e questo è stato uno dei cardini del pensiero di Elia, soggetto ad una democrazia bloccata, straziato dai misteri, dai poteri occulti, dalle manovre sotterranee, talvolta anche golpiste, e dalla violenza volgare e pericolosa di una destra pericolosa e pervasiva.
Leopoldo Elia ha sempre tenuto alta la bandiera della dignità umana, della sacralità delle istituzioni e del rispetto assoluto nei confronti del prossimo, pagando a caro prezzo la propria intransigenza ma riuscendo comunque a lasciare il segno.
E proprio come Tina Anselmi, il già menzionato Andreatta, Scoppola e lo stesso presidente Mattarella, come i pochi che hanno sempre creduto in una vera idea di democrazia, come i pochi democratici cristiani cui si appellava Moro nel covo delle BR, la sua lezione morale è rimasta inascoltata, il suo esempio politico non è stato seguito, le sue idee sono state accantonate e le conseguenze di tutto ciò sono state devastanti.
Lo ricordo con gratitudine, con l’affetto di chi si sente parte di una grande storia progressista e di centrosinistra che ha avuto nell’Ulivo la sua stagione più felice, con la stima di chi da personalità di questo calibro ha imparato ad amare la politica e a considerarla una scelta di vita, con la doverosa assunzione di responsabilità che essa comporta.

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