Giornalismo sotto attacco in Italia

Perché Leone fa più notizia per le note di colore che per la sostanza del suo magistero?

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Come mai Leone fa più notizia per le note di colore che per la sostanza del suo magistero? La risposta può essere abbastanza semplice: perché il metro che i numerosi oppositori di Francesco conoscono è l’opposizione a Francesco. Costoro, nel palazzo non pochi, si presentano come ammiratori di Leone, ma per farlo non dispongono d’altro che di dati esteriori. Hanno cominciato con quello che è stato uno slogan di esultanza, “Indossa la mozzetta”, cioè il rosso imperiale, che Francesco aveva messo da parte. Ma quando ha cominciato a parlare Leone ha messo subito in chiaro che anche lui vuole una Chiesa sinodale, e questo è scivolato nell’angolo. Poi ha ribadito che la Chiesa deve essere come diceva Francesco “in uscita”, nel suo linguaggio “missionaria”, che è la stessa cosa. E anche questo è stato messo da parte, gettando l’occhio su altri esteriorità. Il giorno dell’incontro con i movimenti, una novità introdotta da Francesco e che Leone ha condiviso, ma non è stato commentato, visto che Leone aveva esordito così: “ Più di dieci anni fa, qui in Vaticano, Papa Francesco vi ha detto che eravate venuti per piantare una bandiera. Cosa c’era scritto? “Terra, casa e lavoro”.[…] Era una “cosa nuova” per la Chiesa, ed era una cosa buona! Facendo eco alle richieste di Francesco, oggi dico: la terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire “Ci sto!”, “sono con voi”!” Per gli avversari di Francesco omettere è diventata una costante, tanto che Leone con loro è diventato un papa poco loquace.

Ancora in questi giorni, quando è stato divulgato il suo messaggio Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, destreggiarsi è stato molto difficile. Ma il pranzo in nunziatura nelle stesse ore ha consentito uno spostamento d’attenzione. Eppure in quel messaggio c’è una citazione di Giovanni XXIII che avrebbe fatto bene sia alle teste tonde che alle teste a punta leggere. Perché? Proviamo a farlo insieme, eccolo qui: «Occorre riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più alta utilità».

Ora è arrivato il messaggio alla Curia Romana e gli avversari di Francesco anche qui si sono esercitati nell’arte della contrapposizione, senza soffermarsi su quanto vi si dice, sulla scelta di indicare come bussola del discorso la prima Esortazione Apostolica di Francesco, ma sul come, cioè sul suo modo “pacato”; non è dunque questa una caratteristica di Leone, è una opposizione a Francesco. Così facendo quel pezzo di mondo che vive di opposizione a Francesco, a me sembra cancellare Leone per evidenziare differenze esteriori, presunte o reali, da Francesco.

Se questa è una breve sintesi relativa ai discorsi, poi ci sono alcuni atti. La prima nomina curiale di Leone è stata quella di una donna, per alcuni uno “degli scandali” del tempo di Francesco. Più di recente è giunta la nomina del nuovo arcivescovo di New York, più in discontinuità da loro che da Francesco, ed è passata in secondo piano. E non è poca cosa, visto che lì sedeva un nome di punta del cosiddetto fronte “conservatore”, e che ora vi è giunto un vescovo dell’Illinois formatosi nella diocesi di Chicago e una lunga esperienza in America Latina. Ma non basta: le abbondanti sottolineature “di stile” hanno sorvolato anche sul nuovo vescovo di Palm Beach, luogo abbastanza importante, sempre negli Stati Uniti, cioè in quell’America che definivano tanto cara al papa papa americano, che ora “americano” lo chiamano di meno. E cosa è successo a Palm Beach. Ecco come ha aperto il suo articolo al riguardo “Mediafighter”: “ La decisione di Papa Leone XIV di nominare Manuel de Jesùs Rodrìguez vescovo di Palm Beach non è una scelta neutra. È, al contrario, una nomina altamente simbolica, quasi una parabola ecclesiale collocata nel luogo dove il potere politico americano ama specchiarsi: la Florida di Palm Beach, la diocesi che ospita Mar-a-Lago, la residenza privata del presidente Donald Trump, da lui stesso definita “il centro dell’universo”. Eppure, al centro di questa nuova costellazione episcopale non viene posto un uomo di apparato, né un vescovo “di sistema”, ma un parroco migrante, figlio della Repubblica Dominicana, cresciuto pastoralmente nel Queens, tra famiglie ispaniche segnate dalla precarietà, dalla paura delle deportazioni, dalla fragilità quotidiana”. Difficile qui parlare di “discontinuità” Forse invece ha ragione Pietro Schiavazzi quando afferma che per Trump e i trumpiani questo papa forse è più allarmante, perché presenta l’altra America.

Tutto questo non vuol certo dire che Robert Prevost sia un clone di Francesco. E’ il papa, ha la sua storia, la sua formazione e la sua identità, ma si pone con le sue specificità in continuità con Francesco. Bergoglio ha segnato una novità indiscutibile per la Chiesa cattolica, ha concluso la stagione dell’interpretazione del Concilio e ne ha aperta quella dell’attuazione. Con il suo stile, la sua storia, la sua personalità, il suo indiscutibile carisma. Ma l’ha aperta e Prevost prosegue su quella strada, a modo suo ovviamente. In questo tempo che segna il passaggio da un’epoca a un’altra, che si spera non sia quella della fine delle istituzionali globali, non sarà la messa in latino a rendere la chiesa universale, ma il suo stare nella storia, non di ritenersi un giudice eterno al di sopra e al di là della storia. Ecco allora che si capisce come mai il suo primo incontro con tutti i cardinali, il Concistoro straordinario del 7 e 8 gennaio, sarà innanzitutto sulla liturgia.

 

 

 


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