C’è un film intitolato La Ragazza del Peccato, di Claude Autant-Lara, tratto da uno dei più avvincenti romanzi di Georges Simenon, En cas de malheur (In caso di disgrazia), in cui una giovanissima squillo irrompe nello studio di un celebre avvocato parigino: è nei guai e vuole essere difesa da lui. Bruscamente strappato alla sua ovattata routine alto borghese, l’avvocato interpretato dal magnifico Jean Gabin, obietta: “Mi dica una sola ragione per cui dovrei.” E la bionda avvenente, che è Brigitte Bardot, appoggiandosi di schiena a un tavolo scopre con un solo gesto le sue grazie nascoste.
Nel romanzo la scena è narrata in prima persona dal maturo penalista: “La ragazza si guardò intorno fermando lo sguardo sull’unico angolo della mia scrivania che non fosse ingombra di carte, poi, tirandosi su la gonna fino alla cintola, si lasciò cadere all’indietro mormorando: «Tanto vale che ne approfitti prima che mi mettano in prigione». Non aveva le mutandine.”
Naturalmente la sequenza, almeno in Italia, era stata censurata e tagliata dal film. Ma sopravvive nelle fotografie di scena, tre scatti imperdibili che riportiamo, in cui l’offerta è sfrontata. E basterebbe guardare l’espressione del viso di Gabin per misurarne il contraccolpo. Si legge infatti nel romanzo: “E senza una ragione precisa sentii il sangue montarmi alla testa.”
Era il 1957, ed era passato soltanto un anno da quando Roger Vadim aveva acceso per sempre nel firmamento cinematografico la nuova sconvolgente stella di B.B. con il film scandalo Et Dieu créa la femme (Piace a Troppi).
Come si può dedurre, nel cinema siamo in pieno creazionismo, e la costola felicemente ancor ci duole. Ora io credo che di fronte a B.B. nuda, e in ogni caso di fronte a una bella donna senza veli, sia molto facile convincersi dell’esistenza di Dio, sentirsi improvvisamente credenti. Ognuno di noi torna ad incarnare Adamo, a vivere quella originaria, commossa meraviglia a cospetto dell’altra metà del cielo, dono della creazione.
Brigitte era una creatura da Cantico dei Cantici, la scoperta primordiale della femmina, l’alba di ogni emozione. Non riusciremo mai a distinguerci dal Progenitore che si risveglia dalla prima anestesia della storia umana e incontra il sorriso del Creatore sottoforma di una grazia sconosciuta, insieme al profumo di un peccato che benché ancora ignoto giustificava ampiamente la perdita dell’Eden.
Con i tempi che corrono nel cinema, sedendoci in una sala cinematografica fiduciosi come eterni bambini, quando ci capita più di provare quella sacra vertigine per la curviforme maliosità di Eva? Di imbattersi in quelle dive che si insediano proditoriamente dentro la sostanza stessa dei sogni? Dove sono scomparse? Sbiadite forse nella volta celeste a causa dell’inquinamento luminoso delle città, perdute lungo una Via Lattea sempre più scontornata e invisibile?
Se Gustave Courbet in un empito di gratitudine intitolò L’origine del mondo quella natura viva e flamboyant, ci sarà pure una ragione.
I più giovani probabilmente non sospettano che cosa si sono persi in fatto di attrici e sogni a occhi aperti. E giù a sniffare. Non sapranno mai come le corse palpitanti al cinema, limitate al sabato pomeriggio e solo dopo aver fatto i compiti, potessero assumere quasi la trepidazione di un incontro galante, di un appuntamento – è il caso di dirlo – al buio.
Le donne costituiscono l’anima più attraente e segreta del cinema. E Brigitte Bardot, dopo aver incarnato la Marianne per la Francia intera, ha rappresentato nel mondo il fascino immortale della diva cinematografica: Sia gloria a Brigitte Bardot, viva il Creazionismo!
