Giornalismo sotto attacco in Italia

Aggressione alla sede de La Stampa. Un fatto grave da denunciare senza esitazioni e senza distinguo

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L’aggressione alla sede de La Stampa avvenuta ieri a Torino è un fatto grave da denunciare senza esitazioni e senza distinguo.
Dobbiamo infatti resistere con ogni sforzo alla normalizzazione della violenza politica, da qualunque parte arrivi e con qualunque argomento venga sostenuta.
Così come non accettiamo la aberrante normalizzazione della violenza rappresentata dalle politiche di Trump, Netanyahu, Putin (soltanto per evocare i tre “campioni” più riconosciuti, ma soltanto a titolo di esempio!), quella rappresentata dal terrorismo di matrice religiosa, da quello di matrice nazi-fascista, non possiamo accettare la normalizzazione strisciante che arriva da ambienti che, volendo contrastare le logiche della guerra, finiscono per imboccare la strada “dell’occhio per occhio/dente per dente”. Una strada perdente, perché disumanizzante e perché funzionale a chi con la guerra si ingrassa. La prospettiva della resistenza alla violenza ed alla sua normalizzazione non può che essere quella indicata dagli articoli 11 e 3 della nostra Costituzione che, ripudiando la guerra come strumento di offesa ma anche come strumento di risoluzione dei conflitti, ordinano alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di natura sociale ed economica che producendo ingiuste diseguaglianze, alimentano il risentimento e la segregazione. All’arresto di Mohamed Shahin, imam della moschea di San Salvario, tempestiva e forte è stata la reazione democratica ad ogni livello: il suo arresto è stato immediatamente considerato sproporzionato, pretestuoso, controproducente ed intimidatorio. Tante voci si sono levate richiamando il suo impegno per il dialogo e per la coesione sociale. Credo che queste prese di posizioni abbiano contribuito a stabilire la verità sull’accaduto e sulle responsabilità del Governo e servano alla giusta causa della libertà nella responsabilità a cui ci richiama la Costituzione. Il resto invece fa il gioco dell’autoritarismo reazionario.


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