Giornalismo sotto attacco in Italia

Cinema. Alla destra piace il taglio

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Nella proposta di legge di bilancio spunta un passaggio cruciale per la vita del cinema e dell’audiovisivo: l’ammontare delle risorse (ex legge n.220 del 2016, ministro Franceschini) passa da 700 milioni di euro all’anno a 550 nel 2026 e 500 nel 2027. Una macelleria simile non si era mai vista e non si tiri in ballo a mo’ di alibi lo scandaloso rigonfiamento del tax credit. Al netto degli scandali scoppiati, su cui sono in corso indagini e accertamenti, è bene sottolineare che si tratta di una coperta: se diminuisci la voce in questione assottigli le entrate nelle casse dell’erario, trattandosi di crediti di imposta. Insomma, un conto sono i finanziamenti, un conto gli sgravi fiscali.

Sfatata la comoda giustificazione, ecco che viene fuori la malevola intenzione di un governo di destra che considera il cinema un territorio di infedeli e che, dunque, conviene impoverire.

A farne le spese sono le varie voci ricomprese nello specifico Fondo: dai contributi automatici e selettivi, a quelli alla promozione e alle sale nonché alla digitalizzazione del patrimonio. Tra l’altro, rischia di venire meno la voce che riguarda l’alfabetizzazione all’arte e alle tecniche di diffusione delle immagini, dopo tante chiacchiere sulla formazione audiovisiva.

AD ESSERE maligni, ma neanche troppo, c’è un filo che congiunge l’occupazione della Rai, la crisi della carta stampata tra conflitti di interesse (vedi le testate filo governative controllate dalla società del parlamentare Angelucci e le sequenze non commendevoli del Sole 24 Ore o la parabola di Stampa e Repubblica), il viaggio indisturbato di Mediaset alla conquista dell’Europa, l’attacco sconsiderato alla scuola pubblica e alla ricerca.

Cultura e informazione sono nel mirino di un potere che non gradisce cittadine e cittadini, bensì solo sudditi. Possibilmente inconsapevoli e ignoranti. Neppure vale la storiella degli scarsi incassi al botteghino dei film che godono dei finanziamenti statali. Con simile criterio quantitativo un’opera come La Traviata – la più gettonata nel villaggio globale- sarebbe stata messa in soffitta dopo i flop iniziali, e un autore come Italo Svevo non avrebbe neppure varcato le cronache editoriali.

Gli stessi finanziamenti delle maggiori istituzioni culturali previsti dall’articolo 27 della legge del 2016 sono svincolati da tetti definiti e lasciati così alla discrezionalità del ministero. A proposito, il titolare Giuli e la sottosegretaria Borgonzoni sembrano separati in casa. Anzi. L’esponente leghista, autoproclamatasi la regina del settore, ha persino inveito contro il suo governo, come una novella (molto, molto in sedicesima) Mao Tse-tung.

Hanno reagito le organizzazioni sindacali, a partire dalla Slc-Cgil, la federazione del comparto, oltre alle forze politiche di opposizione: dal Partito democratico, all’Alleanza Verdi e Sinistra, al Mov5Stelle. Siamo ai titoli di coda e le altre associazioni della società civile del cinema sono insorte, ben sapendo che il blocco dell’attività in atto da quasi tre anni potrebbe portare ad una crisi occupazionale drammatica e senza ritorno.

LE TRADIZIONALI strutture del mondo audiovisivo (Anac e 100autori, insieme ad Apa, Cna, Doc/it, Agici, Aidac, Wgi, Air3, Afic) invocano il Presidente della Repubblica, il governo e il parlamento affinché vi sia un ripensamento. Tuttavia, proprio le maggiori e storiche organizzazioni citate dovrebbero farsi un serio esame di coscienza. Negli anni passati si è preferito proporsi a mo’ di consulenti del ministero, piuttosto che come soggetti liberi e indipendenti. È mancato il conflitto, inteso non come un urlo salvifico, bensì come un effettivo e autorevole polo dialettico, capace di alleanze e di progettualità.

A finire nel tritacarne sono ormai pure le improvvisate ipotesi di ministeri ad hoc per il cinema, che è come immaginare le migliori suppellettili mentre l’edificio è lesionato e sta crollando.

La destra italiana, ben connessa a quella mondiale che odia la cultura e i saperi, sta riuscendo a passare dalle velleitarie contro-narrazioni alla raccolta dei cocci di un universo che -se mai- è stato proprio il vessillo della sovranità italiana: con premi, riconoscimenti, forza attrattiva. Fahrenheit 451.

https://ilmanifesto.it/cinema-alla-destra-piace-il-taglio?t=OQmpzj6jCPKA7JLtPkWsP


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