«Non è questione di avere uno o due Stati; noi in Palestina abbiamo bisogno di essere liberi, di mettere fine all’apartheid: dipende tutto soltanto dalla volontà politica di trovare una soluzione. La soluzione c’è: è la fine dell’occupazione militare di Gaza e Cisgiordania». È molto chiaro Basel Adra, attivista palestinese di Masafer Yatta e co-regista del celebre No Other Land. Lo abbiamo incontrato a Torino e gli abbiamo rivolto alcune domande. Quello che chiamano processo di pace, oggi, non ha senso, dice lui. Il negoziato in corso non serve se prima Israele non verrà sanzionato, fermato, punito per i crimini che ha commesso. «Se gli israeliani non pagheranno un prezzo per i loro crimini, non si fermeranno mai», dice. In questo momento per Basel «non c’è motivo di festeggiare». È lieto per il cessate-il-fuoco a Gaza, se verrà rispettato davvero, ma in Cisgiordania si muore ogni giorno. Di ritorno dal suo tour italiano, dice, «tornerò esattamente nello stesso posto, Masafer Yatta, che ho lasciato partendo per pochi giorni, e succederanno esattamente le stesse cose che succedono da anni. E nessuno ferma i coloni!». È irritato, perché sperava che «questo film fosse una chiamata all’azione». Che scuotesse davvero le coscienze e invece viene proiettato come fosse un’opera di finzione cinematografica. «È molto importante che tutti guardino questo film perché racconta quello che succede adesso ma che succederà anche in futuro se non fermiamo l’apartheid». Basel Adra apprezza moltissimo (e la ritiene efficace) l’azione del BDS, movimento internazionale per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro l’occupazione, nato in Palestina. «Rispetto moltissimo tutti gli attivisti Bds e li sostengo, penso sia una rete che ottiene dei risultati». A proposito del colonialismo di insediamento dice: «c’è un solo potere che governa la terra di Palestina ed è il potere dello Stato di Israele, il quale usa due leggi: quella militare per noi, per i Palestinesi dei Territori occupati, e quella civile per gli israeliani». Nei suoi interventi, più di una volta ha affermato: «l’Italia mi invita a venire e parlare del film, ma il governo italiano è uno dei paesi complici. Perché non riconosce lo Stato di Palestina?». Di fronte alla retorica della pace, dice: «La soluzione deve essere politica, non può essere lasciata nelle mani nostre e di frange minoritarie della società civile israeliana che vuole la pace». È irritato da quanti vorrebbero liquidare l’intera questione – l’occupazione militare e il genocidio in corso – con una stretta di mano. Come quella con l’attivista israeliano Yonatan Zeigen, figlio di una donna rapita e uccisa il 7 ottobre. Ammirevole nella sua capacità di comprensione e di azione. Ma le strette di mano sono una divagazione sul tema, dice Basel. «Non si tratta di riconoscere che ci siano alcuni (pochi) israeliani consapevoli e fare con loro alleanze – commenta – ma di riconoscere che Israele è uno Stato criminale. I soldati controllano la vita di noi palestinesi e gli israeliani continuano a vivere nelle loro città in Israele, come se fossero dentro una bolla».
