Negli ultimi due anni e mezzo, il Sudan si è trasformato in un territorio di devastazione e caos, segnato da un conflitto tra generali rivali che ha cancellato progressivamente ogni forma di voce indipendente e libera. La guerra, feroce e implacabile, non ha solo mietuto vite umane e distrutto infrastrutture, ma ha anche annientato la stampa e cancellato la speranza di un’informazione libera e plurale nel paese.
Dall’aprile del 2023 oltre mille cronisti hanno perso il lavoro, 31 sono stati assassinati e 27 testate sono state costrette a cessare le pubblicazioni.
La situazione drammatica della stampa sudanese è stata una conseguenza diretta della violenza e delle repressioni sistematiche messe in atto durante il conflitto. Oggi, le redazioni dei principali giornali sono state chiuse a causa di un clima di insicurezza e di violenza indiscriminata insostenibili.
Oltre a gran parte dei quotidiani, hanno dovuto sospendere le attività cinque tipografie e trentadue stazioni radiofoniche, lasciando il paese in un’oscurità informativa, di fatto isolandolo dal resto del mondo e impedendo ai cittadini di conoscere la verità sui crimini e le sofferenze che si consumano quotidianamente.
Il vuoto di informazione è tanto più grave considerando che, senza testimoni e senza reporter sul campo, molte delle violazioni dei diritti umani rimangono sconosciute o vengono raccontate in modo frammentario, spesso filtrate dai racconti di chi ha il coraggio di sfidare rischi enormi per denunciare. A denunciare questa drammatica situazione è Mohammed Abdelaziz, Segretario generale del sindacato dei giornalisti sudanesi, che parla di “dramma nel dramma”: la violazione della libertà di stampa e di opinione nel paese è un ulteriore crimine di guerra.
