Giornalismo sotto attacco in Italia

Pippo Baudo, la tv di tutti

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Di Pippo Baudo è stato detto e scritto praticamente tutto. La sua storia va di pari passo a quella della televisione e del servizio pubblico, perché Baudo è stato sempre e appassionatamente uomo della Rai. La tradì per un breve periodo sentendosi offeso dalla definizione di presentatore “nazionalpopolare” usata dall’allora presidente Enrico Manca.

Era permaloso, era consapevole del suo valore, era un uomo del sud che conosceva la gavetta, quella vera, e sapeva riconoscere il talento degli altri. Aveva una cultura notevole che non ostentava mai e una meticolosità professionale che faceva faticare chiunque ci lavorasse insieme. Con la direzione teche ho lavorato molto con lui e quando gli chiesero di presentare il volume “Ricorderai” per i 50 anni della TV si andò a leggere moltissimi capitoli che non parlavano di lui ma dei suoi colleghi, mi lasciò attonita, pensavo non avesse nemmeno aperto il libro.

Quando cominciò Domenica In, nel 1976, i giornalisti provarono a reagire, sollevando il problema del fatto che Baudo faceva interviste ma non era un giornalista. Una cosa che oggi non riesco nemmeno a spiegare e nessun giovane può ovviamente capire. Un’altra epoca. Ma Domenica In è il capolavoro di Baudo. Tutti parlano dei suoi 13 festival di Sanremo, del suo Settevoci, dei mille varietà del sabato sera, ma quel pomeriggio italiano che è entrato in ogni casa come un amico di famiglia è stato il suo capolavoro assoluto. E là si è capito che Baudo non era un presentatore, era la televisione che si faceva compagna, maestra, amica di tutti gli italiani. Quella TV era di tutti, era inclusiva, era solidale. E accompagnava una transizione globale, iconicamente rappresentata dal passaggio dal bianco e nero al colore.

Baudo era democristiano e non lo nascondeva ma neppure parlava mai di politica, dava spazio a tutti, inventava format e lanciava giovani talenti che poi sarebbero diventati il Trio, Laura Pausini, Beppe Grillo e tanti altri.

Quella TV di tutti, baudiana (era diventato anche un aggettivo) era profondamente servizio pubblico. La Rai, si, proprio quella del “di tutto di più”. Molte volte nel corso degli anni è stato detto di conduttori famosi che era arrivato il nuovo Baudo: con buona pace di tutti non è stato così. Quella poliedricità, quello stile, quella reale, vissuta ecumenicità non l’ha raggiunta nessuno. E quella Tv di Baudo non c’è più da tanto tempo, come non c’è più neanche traccia di quella Rai di tutti.


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