Giornalismo sotto attacco in Italia

Nagasaki Hiroshima, la “lezione” di 80 anni fa

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Ottanta anni fa, il 9 agosto 1945, “Fat Man”grassone si chiamava la bomba atomica sganciata sulla zona industriale di Nagasaki dall’aeronautica USA. Tre giorni prima “Little boy”, ragazzino,la bomba sganciata sul centro della città di Hiroshima.

In Europa la guerra era finita da più di due mesi, il Giappone, nonostante fosse in ginocchio, non si arrendeva: per questo la decisione americana di utilizzare l’atomica (la prima bomba realizzata a fine luglio).

Vista la distruzione immediata della città di Hiroshima con 150 mila morti subito, perchè gli USA decidono di colpire anche Nagasaki (con più di 60 mila morti subito), senza attendere la decisione della resa giapponese che sicuramente ci sarebbe stata, superato lo shoc del tragico evento con effetti mai neanche immaginati. Sappiamo che gli USA avevano avviato il progetto Manhattan (l’atomica) prima che lo facesse Hitler ma che, quando fu chiaro che il programma atomico tedesco era fallito, “gli Stati Uniti sostennero che le armi andavano fabbricate prima che lo facessero i comunisti”. Franklin Delano Roosevelt, 32º Presidente degli Stati Uniti d’America muore nel luglio del 1945. Gli succede Harry Truman, il suo vicepresidente che, si racconta, fu tenuto all’oscuro della questione atomica e che solo da Presidente avrebbe saputo del “progetto Manhattan”, guidato dallo scienziato J. Robert Oppenheimer, e che due bombe erano state già costruite.È poco credibile che questa sia la ragione, anche perchè si legge nel suo diario dopo aver dato l’assenso al loro utilizzo: “L’arma sarà usata contro il Giappone tra oggi e il dieci di agosto. Ho detto al segretario alla Guerra, Stimson, di usarla su un obiettivo militare, in maniera che il bersaglio siano soldati e marinai e non donne e bambini. Anche se i giapponesi sono selvaggi fanatici, senza scrupoli e senza pietà, noi in quanto leader del mondo libero non possiamo lanciare questa terribile bomba sulla vecchia capitale… Io e Henry Lewis Stimson (segretario alla guerra 1940/1945) siamo d’accordo. Il bersaglio sarà puramente militare”.

Quelle bombe mostrarono al mondo come la guerra non poteva più essere considerata la prosecuzione della politica con altri mezzi (“Della guerra” di Carl von Clausewitz). Le nostre madri e nostri padri costituenti con l’articolo 11 della Costituzione “ripudiano la guerra”.

Inascoltati così come l’appello/Manifesto del 1955 di Albert Einstein Bertrand Russel insieme ai più grandi scienziati e altri premi Nobel.

“…La maggior parte di noi non è neutrale, ma in quanto esseri umani dobbiamo tenere ben presente che affinché i contrasti tra Oriente e Occidente si risolvano in modo da dare una qualche soddisfazione a tutte le parti in causa, comunisti e anticomunisti, asiatici, europei e americani, bianchi e neri, tali contrasti non devono essere risolti mediante una guerra … …  Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto … …  Questo è dunque il dilemma che vi sottoponiamo crudo, spaventoso e ineludibile. Dobbiamo porre fine alla razza umana o deve l’umanità rinunciare alla guerra? …”

Penso si possa sostenere che la decisione delle due bombe sganciate sul Giappone dagli USA a guerra finita sia grave e significativa di quanto la cultura di guerra possa essere disumana così come continuiamo a vedere oggi.

Nel 2025, nel mondo sono attivi 59 conflitti armati (tre in più del 2024), il numero più alto dalla Seconda Guerra Mondiale. Questi conflitti coinvolgono più di 92 paesi, inclusa l’Italia, e hanno causato oltre 233.000 vittime nel 2024. Questi dati emergono dall’analisi del Global Peace Index e di altri rapporti che monitorano la situazione globale.

L’aggressione della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina prefigura non più un conflitto locale (tra i tanti già in corso), le stragi degli innocenti a Gaza da parte di Israele nei confronti del popolo Palestinese e l’avvio di una possibile soluzione finale da bloccare assolutamente sono già la terza guerra mondiale a pezzi.

La terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo ci porta a considerare altri teatri di tensioni e conflitti. Tutti i conflitti pongono comunque in rilievo le conseguenze letali di un continuo ricorso alla produzione di nuovi e sempre più sofisticati armamenti, talvolta giustificata adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze – Occorre scardinare tale logica e procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte“. (Papa Francesco 9 gennaio 2023)

Ho pensato alla crisi dei missili a Cuba del 1962. Protagonisti Jhon Kennedy, Nikita Krusciov e Fidel Castro. La crisi fu preceduta un anno prima dall’invasione della baia dei Porci, tentativo fallito di rovesciare il governo di Fidel Castro a Cuba, messo in atto dalla CIA degli Stati Uniti. Fidel Castro nel 1959 dopo sei anni di rivoluzione, aveva rovesciato il regime del dittatore Fulgencio Batista sostenuto dagli USA. Si arrivò a sfiorare la guerra mondiale (già allora i generali proclamavano che c’erano tante armi atomiche da poter distruggere mille volte il nostro pianeta!). Forse fu un miracolo, come qualcuno sostenne, di certo è che i protagonisti di quella storia erano dei “giganti”, si scambiarono ultimatum reciproci e alla fine la crisi fu risolta: furono ritirati i missili sovietici da Cuba e quelli americani dalla Turchia!

“much better a wall than a war” sono parole di Kennedy, ricordate da Lucio Caracciolo in interviste e anche nel suo libro “La pace è finita”, Feltrinelli fine 2022).

Si riferisce certo al periodo della guerra fredda che aveva garantito pace per l’Europa. E che aveva visto anche un inizio di accordi per smantellare armi nucleari. Si ricordano Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov che a Reykjavík dichiaravano che “una guerra nucleare non poteva essere vinta e pertanto non doveva mai essere combattuta”; nel dicembre del 1987, a Washington, firmano il Trattato INF (Intermediate Nuclear Forces) che portò all’eliminazione e distruzione di tutti i missili Cruise, Pershing II e SS-20 con gittata tra 500 e 5.500 Km, avviando nelle intenzioni il cammino verso la fine della “Guerra fredda”: sappiamo come è andata. Dopo l’undici settembre 2001 si è riprovato con il Trattato New START (Strategic Arms Reduction Treaty,Measures for the Further Reduction and Limitation of Strategic Offensive Arms.”), entrato in vigore nel febbraio 2011 con la firma di Barack Obama e Dmitrij Nedvedev. Trattato scaduto nel 2021, con impegno di proroga per cinque anni (Joe Biden e Vladimir Putin): ridotte le testate nucleari che restano comunque troppe. Sarà rinnovato nel 2026? Il riferimento costante al possibile uso dell’arma nucleare ci lascia preoccupati.

Dopo il 1989 e la caduta del muro di Berlino e poi l’unificazione tedesca, premesse per la fine dell’URSS e del patto di Varsavia (alleanza militare contrapposta alla NATO) non si è capito (o non si è voluto capire) che era necessario ripensare un nuovo ordine /equilibrio del mondo fondato sulla pace e non più sulla guerra: la pace preventiva. Mi è capitato di ascoltare di recente Michelangelo Pistoletto parlare della pace e della guerra. Un artista grande (candidato al premio Nobel per la Pace): la sua pace è la pace preventiva, quella che è andato raccontando nella mostra labirinto delle sue opere con la consapevolezza, al termine della visita, di avere compiuto anche un esercizio concreto per riflettere su come uscire dal labirinto della realtà quotidiana e instaurare La Pace Preventiva. Michelangelo Pistoletto, il suo sguardo visionario possono essere una luce di speranza nella notte dell’umanità imposta dai conflitti bellici, dall’orrore della guerra. Oggi l’umanità è precipitata in un immenso labirinto edificato su scala globale. Ha il compito di uscire dall’istinto guerrafondaio e trovare l’uscita sapendo che, ci dice Pistoletto, “È solo attraverso la pratica della Pace Preventiva che potremo annientare il mostro e abbandonare definitivamente il labirinto dei conflitti”. Ricordiamo “Il problema della guerra e le vie della pace” di Norberto Bobbio – Il Mulino 1979.

“…Ma noi … siamo mosche nella bottiglia o pesci nella rete? …Forse né l’uno né l’altro…ma la condizione umana può essere rappresentata con una terza immagine, quella del labirinto: chi entra in un labirinto sa che esiste una via d’uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata torna indietro e ne prende un’altra…Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere delle apparenze, fare un passo per volta…. La caratteristica della situazione del labirinto è che nessuno sbocco è mai assolutamente sicuro e, quando la strada è giusta…non è mai lo sbocco finale…  “

 

ll 2025 si apre con un dato inequivocabile: la spesa militare globale ha raggiunto nel 2024 i 2.718 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato. È il decimo anno consecutivo di crescita e segna il più forte incremento annuale (+9,4%) dai tempi della Guerra Fredda.

Le scelte politiche che privilegiano l’approccio militare ed armato stanno guadagnando terreno in particolare in Medio Oriente (con un aumento del 15% della spesa militare) e in Europa con un aumento complessivo del 17% guidato dall’Europa occidentale, che ha visto crescere il proprio budget militare totale del 24%.

La corsa agli armamenti conduce a un’unica conseguenza: lo scoppio di guerre sanguinose e devastanti.

Fermare subito i massacri prima che sia troppo tardi.

Il mondo si trova su un crinale molto pericoloso. I mutamenti che sono già avvenuti nella geopolitica vedono le grandi potenze cercare nuovi territori di influenza. C’è l’impressione che ogni paese e grande potenza cerchi di trarre vantaggio da queste guerre, dal punto di vista economico (industria bellica e pensando già anche alle ricostruzioni!), geopolitico, di potere e per il controllo delle risorse, invece di pensare e progettare un nuovo ordine mondiale fondato sulla cooperazione e la solidarietà internazionale e sul rispetto dei diritti umani ovunque (altrimenti sono privilegi come sosteneva Gino Strada). Per noi costruire un’Europa di pace è un imperativo categorico: solo così l’Europa diventerebbe la vera potenza. È il momento per l’Europa di rafforzare il suo profilo di pace per affrontare le nuove sfide. L’Italia, la sua storia può e deve essere protagonista per costruire una nuova stagione politica e culturale capace di offrire un orizzonte ideale in sintonia con il manifesto di Ventotene del 1941“…la Federazione Europea è l’unica garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani possano volgersi su una pacifica cooperazione in attesa di un più lontano avvenire in cui diventi possibile l’unità politica dell’intero globo…”

 

Bisogna fare presto però. L’orologio dell’Apocalisse comprende oltre alla guerra atomica l’emergenza climatica le pandemie: non è mai stato così pericolosamente vicino alla mezzanotte (che simbolicamente rappresenta la fine del mondo). Dopo la seconda guerra mondiale, con i suoi sessanta/settanta milioni di morti di cui il 60% civili, e dopo Hiroshima, nel 1947 quando nasce questo orologio la distanza dalla mezzanotte era di 7 minuti, oggi 89 secondi, il 22 marzo 2022 era di 100 secondi e nel 1991 di 17 minuti, 1020 secondi, la massima distanza dalla mezzanotte.

 

(Disegno di Mauro Biani)


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