Lunedì 15 luglio la Corte d’Appello di Roma pronuncerà la sentenza di secondo grado sulle minacce alla giornalista Rosaria Capacchione e allo scrittore Roberto Saviano rivolte loro da uno dei capi più feroci e temuti del clan dei casalesi, Francesco Bidognetti. I fatti risalgono al 2008 e avvennero durante il processo d’Appello di “Spartacus”. Era il 13 marzo del 2008 e l’imputato era proprio Bidognetti. Il boss voleva screditare i pentiti, nonché un pezzo della magistratura (in specie il pm Raffaele Cantone) e mettere all’indice i giornalisti che più di tutti avevano fatto conoscere la violenza e la potenza dei casalesi. Bidognetti allora era il reggente del clan dei casalesi pur essendo già in carcere al 41 bis. Dunque Cicciotto’e mezzanotte e il suo avvocato depositarono un’istanza di rimessione del processo partendo dall’assunto che quella Corte poteva essere inquinata da un clima torbido fondato sulle dichiarazioni dei pentiti e l’attività di giornalisti e magistrati, alcuni ben individuabili. Nella sentenza di primo grado, che ha condannato Bidognetti a un anno e mezzo e il suo avvocato, Michele Santonastaso, a un anno e due mesi si parla di una “precisa strategia” per mettere a tacere l’autore di Gomorra e la giornalista de Il Mattino per agevolare il potere di controllo sul territorio esercitato dal clan”. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana è parte civile in questo processo per il tramite dell’avvocato Giulio Vasaturo.
Qui le motivazioni della sentenza di primo grado
