A Roma l’incontro di diverse realtà del mondo cattolico per dare concretezza alla proposta di istituire il Ministero della Pace
Mentre i leader della NATO si sono chiusi nelle loro stanze all’Aja per decidere quante armi in più comprare, nelle stesse ore, martedì 24 giugno, a Roma, è stata organizzata una conferenza per parlare del Ministero della Pace. Un incontro organizzato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, da Azione Cattolica, dalle Acli, dalla Fondazione Fratelli Tutti, in collaborazione con numerosi enti nazionali della società civile in rappresentanza di centinaia di migliaia di cittadini che non vogliono la guerra.
Il fine dell’incontro articolare un progetto volto a dare vita a un’Istituzione pubblica necessaria, se non urgente. Ad un cambio di passo fondato sull’esperienza di chi lo propone, ma anche su un diritto e una Costituzione che lo rendono possibile.
Quello che si è sollevato ieri è stato un coro di voci, per lo più proveniente dal mondo cattolico, a sostegno di un Ministero ormai necessario, capace di attraversare il Paese in diversi ambiti incidendo in altri Ministeri: quello delle relazioni con l’estero, quello culturale, quello della formazione, quello della giustizia, quello dell’interno con la conseguente “progettazione di una società diversa”, dalle piccole alle grandi comunità.
L’incontro, e ancor prima l’idea del Ministero della Pace, nasce anche da un libro, “Ministero della Pace. Una scelta di futuro” (Sempre editore) e da una sollecitazione che arriva dalla curatrice del testo, l’avvocata Laila Simoncelli che ha coordinato anche i tavoli iniziali, oltre ad arricchire i diversi interventi con la sua personale esperienza e impegno in prima persona sin dagli anni Novanta: “All’Aja si discute per alzare le spese militari al 5 per cento del Pil. Qui facciamo una controproposta: un Ministero capace di dare struttura e continuità a quell’enorme lavoro che in tanti portano avanti in questo Paese, una risposta politica ad una necessità etica, politica, sociale. E a tal proposito abbiamo già un disegno di legge confezionato!”.
A dare avvio al pomeriggio di riflessioni e proposte, le parole di Padre Francesco Occhetta segretario generale della Fondazione Fratelli Tutti che ha voluto subito sottolineare, parafrasando Paul Valéry, quanto i conflitti siano distopici perché “la guerra è un luogo in cui i giovani non si conoscono, non si odiano e si uccidono per decisioni di adulti che si odiano, si conoscono e non si uccidono”.
Una considerazione alla luce della quale l’istituzione del Ministero della Pace è da considerarsi parte di un processo continuo, frutto di un impegno morale: “L’istituzione del Ministero della Pace non è utopia, né pacifismo, ma è un processo, una urgenza concreta già sancito nell’articolo 11. Solo attraverso uno strumento di questa portata si può pensare al disarmo, alla costruzione post bellica, alla promozione dei diritti umani… Costa Rica, Etiopia, Norvegia e Finlandia ci dicono che questo è possibile. Quindi si riducano gli armamenti e si arrivi al disarmo. Per noi, se vogliamo essere credenti questa è la direzione: la chiesa propone un disarmo integrale! La gente non vuole la guerra, la vogliono i vertici. Per questo è importante chiedere ai sindaci se possono votare questa intesa: fare pace e costruire azioni di pace. Dai territori possiamo costruire un grande movimento e una grande alleanza!”.
La coordinatrice del Tavolo terzo settore della Fondazione Fratelli Tutti, Sandra Sarti, ha poi sottolineato la necessità di “riempire la pace di energici contenuti” e di lavorare insieme in una direzione condivisa, ammettendo che nei cuori è rifiorita la speranza sentendo papa Leone XIV nel giorno della sua nomina cominciare il discorso con “la pace sia con tutti voi”.
“Ma ci vuole un impegno responsabile: senza la pace non c’è sviluppo della persona e l’assenza della pace innesca solo una spirale negativa. La pace, dunque, è un progetto di democrazia e libertà. È tempo che alla parola pace sia dato un valore nuovo e che si creino nuove generazioni di artigiani di pace”.
Perché, come ha detto Emiliano Manfredonia presidente delle Acli: “È la guerra che interrompe la pace, non il contrario: la pace non si ottiene con un equilibrio di paure, ma nella speranza di incontrarsi!”.
Per fare questo, ha spiegato Giuseppe Notarstefano, presidente di Azione Cattolica Italiana, bisogna “riprendere una logica di multilateralismo, rafforzare gli organismi internazionali e promuovere un maggiore coordinamento delle politiche pubbliche”.
“Il ministero della pace è una risposta alla nostra chiamata – ha aggiunto Fadda presidente della comunità Papa Giovanni -. Quando don Oreste nel 1992 si è trovato in Jugoslavia con qualche obiettore di coscienza a vivere al fianco dei profughi lì intuisce il ministero della pace. La pace è una questione di giustizia, è una responsabilità che abbiamo. Ed è interessante notare come le uniche voci di pace che arrivano sullo scenario politico internazionale arrivano dai nostri pontefici… Ora è chiaro che abbiamo bisogno di una struttura stabile e che non si può improvvisare. Aggiungo una riflessione. Non stiamo pensando ad un’utopia, ma a qualcosa di concreto: perché la pace conviene!”.
