L’ultimo orrore del massacro infinito di Gaza si è consumato venerdì scorso in un mercato di Deir al Balah. L’ennesima atrocità compiuta da Israele che allontana sempre di più ogni possibilità di un futuro di pace.
Decine di civili, tra cui donne e bambini, sono stati barbaramente uccisi da droni israeliani mentre cercavano un po’ di cibo, un pezzo di pane, in un contesto segnato dalla povertà e dalla disperazione.
L’obiettivo, la giustificazione delle Forze di difesa israeliana, era la brigata di Hamas che saccheggia gli aiuti umanitari per rivenderli e autofinanziarsi.
Ma se fonti palestinesi confermano che in alcuni casi è andata così, nella maggior parte degli attacchi ad agire sono state bande in funzione anti-Hamas, le cosiddette Palestinian Popular Forces, comandate da Yasser Abu Shabab, personaggio discusso e allontanato dalla Striscia dalle autorità palestinesi.
Un ogni caso, a essere colpiti maggiormente sono sempre persone inermi.
È inconcepibile, inumano e atroce che innocenti continuino a essere vittime di tanta crudeltà. Uccisi senza alcuna pietà.
Le immagini di questa strage sono un pugno nello stomaco.
Le persone di Deir al Balah vivevano già in condizioni di estrema difficoltà, limitate a sopravvivere giorno dopo giorno, privati delle più basilari garanzie di sicurezza e serenità.
In una realtà tanto provata, l’umanità avrebbe dovuto prevalere e garantire rispetto e protezione a civili inermi.
Invece, ancora una volta la logica del disprezzo della vita dei palestinesi ha favorito nuovi inaccettabili crimini contro persone fragili. Atti vergognosi che offendono la dignità stessa dell’essere umano.
Quest’atto di follia e crudeltà non solo distrugge vite, ma anche ogni speranza di pace e di stabilità.
Ogni giorno che passa aggiunge un ulteriore tassello al cupo orizzonte di dolore e desolazione nella Striscia di Gaza.
Ormai i richiami alla comunità internazionale affinché si faccia carico di fermare questa spirale di violenza, per proteggere i più vulnerabili e per promuovere un percorso di riconciliazione e ricostruzione, cadono nel vuoto.
La pace non è un’utopia irraggiungibile, ma richiede il rispetto reciproco, il dialogo e l’impegno di tutti.
In questo momento di dolore e sofferenza come Articolo 21 rinnoviamo il nostro impegno affinché le voci dei civili di Deir al Balah e di tutte le vittime di questo conflitto non siano oscurate.
Non possiamo e non dobbiamo voltare lo sguardo di fronte a tanta barbarie. È nostro dovere civile e umanitario condannare ogni forma di violenza e lavorare per un futuro in cui la pace possa finalmente prevalere sulla distruzione e sulle sofferenze.
