La notizia della morte di Papa Francesco è arrivata inaspettata.
I giorni difficili della polmonite che lo aveva ridotto in fin di vita sembravano superati.
Poi, l’annuncio del cardinale Kevin Farrell ha colpito il mondo come un fulmine a ciel sereno. In un’epoca di sfide e divisioni, la figura di Jorge Mario Bergoglio si era sempre elevata come un faro di speranza, un uomo di dialogo e un instancabile promotore di pace e giustizia.
La sua scomparsa rappresenta una perdita incommensurabile per la Chiesa e per l’intera umanità. Anche per una convinta laica come chi scrive, che ha avuto l’onore e il privilegio di conoscerlo e seguirlo come inviato speciale nel suo ultimo viaggio apostolico in Africa, raccogliendo la sua voce in un colloquio che resterà uno dei momenti professionali più alti e importanti.
Un’esperienza che rimarrà indimenticabile nella mia memoria. Ricordo le sue parole alla cronista che, nonostante i 30 e più anni di carriera sulle spalle, era lì, davanti a lui, emozionata come una novellina. Un dialogo di alcuni minuti, intenso e ricco di umanità e calore.
Indimenticabile la luce nei suoi occhi, la stessa emanata mentre si confrontava con bambini e giovani vittime dei conflitti e dell’odio, il suo abbraccio caloroso a chi viveva nel dolore e nella sofferenza, ma anche la fermezza delle sue parole per chi deteneva il potere con la ferocia.
Ogni incontro, ogni discorso era intriso di una profonda umanità, di una comprensione dei temi che affliggono il nostro tempo: la povertà, la guerra, la migrazione. Papa Francesco riusciva con la sua semplicità a toccare le corde più profonde dell’animo umano.
Poi, tornando alla Santa Sede, la sua presenza si faceva sentire forte anche nei momenti di incontro in Vaticano.
L’ultimo incontro, qualche mese in occasione della presentazione della Carta di Assisi per i bambini insieme agli amici di Articolo 21. Anche allora, Francesco aveva speso parole sentite discutendo del futuro dei più giovani, del diritto di ogni bambino a essere ascoltato, a essere protetto.
La sua voce, sempre impegnata a sostenere i diritti umani, risuonava forte contro ogni forma di ingiustizia.
Era un papa che non si limitava a parlare, ma che compiva azioni concrete per portare sollievo alle persone nel mondo che vivevano difficoltà quotidiane.
In un momento difficile come questo, è essenziale riflettere sul suo lascito. La sua visione di una Chiesa aperta, inclusiva, capace di abbracciare le diversità, è più attuale che mai. Papa Francesco ci ha insegnato che la fede non è un rifugio dalla realtà, ma precisamente l’invito a immergersi nella vita, a vivere la misericordia e la compassione. La sua chiamata alla tutela del pianeta, all’inclusione sociale, alla pace tra i popoli non era solo una missione religiosa, ma un’invocazione universale, un appello a noi tutti.
Oggi, mentre il mondo piange la sua partenza, è importante ricordare che il suo messaggio continua a vivere.
Le sue parole e le sue azioni rappresentano una guida nei momenti di crisi, un faro di speranza per le generazioni future.
Ricordiamo dunque Papa Francesco nella sua totalità: un uomo di fede, un uomo di dialogo, un uomo di carità. Continuiamo a lottare per un mondo migliore, proprio come lui ci ha ispirati a fare.
La sua voce, ora silenziosa, vive in ciascuno di noi. Che sia abbia avuto o meno il privilegio di incontrarlo. ascoltarlo ha sempre toccato nel profondo con il suo spirito.
È nostro compito portare avanti il suo messaggio, far sì che il suo sogno di un’umanità unita e solidale non venga mai dimenticato.
Grazie, Papa Francesco, per ogni gesto, ogni parola, ogni abbraccio.
La tua vita è stata un dono, e il tuo spirito continuerà a illuminare il nostro cammino.
(disegno di Alekos Prete)
