L’orizzonte della notte

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A cinque anni da “La misura del tempo” l’avvocato Guido Guerrieri torna al centro del nuovo romanzo di Gianrico Carofiglio.

A cinque anni di distanza dall’ultimo libro che lo aveva visto protagonista (La misura del tempo, Einaudi, 2019) e dopo la parentesi dei due romanzi in cui la narrazione si era snodata nelle strade di Milano intorno alle vicende investigative dell’ex magistrato Penelope Spada, l’avvocato Guido Guerrieri ci riporta a Bari tornando al centro nel nuovo articolato e commovente romanzo di Gianrico Carofiglio, “L’orizzonte della notte”, in libreria dallo scorso 20 febbraio con Einaudi (288pp.,18,50 Euro).

“Non so dire se avessi deciso già quella mattina, al momento di andare in tribunale, che sarei rimasto in aula ad aspettare la sentenza. Forse sì o forse no. Mi sedetti sulla sedia del pubblico ministero, su quella di un giudice popolare, su quella del presidente, poi entrai nella gabbia degli imputati. Per vedere il mondo attraverso le sbarre”.

L’avvocato Guerrieri è appena rientrato dal tribunale quando riceve, inaspettatamente, una telefonata dell’amico Ottavio – proprietario di una libreria sui generis, aperta dalle 22 alle 6 del mattino, l’Osteria del Caffellatte – che, con tono concitato gli chiede di passare. All’interno dell’attività, Guerrieri incontra Elvira Castell, un’amica di Ottavio, in guai seri. La donna, 44 anni di bell’aspetto, benestante, divorziata e titolare di una società informatica, ha ucciso un uomo, Giovanni Petacci, compagno della sorella gemella Elena, morta per suicidio poche settimane prima.

Dopo la morte della gemella, la Castell aveva intimato all’uomo di lasciare l’appartamento della sorella, ma lo stesso aveva opposto resistenza. Quella mattina Elvira, dopo una violenta discussione, gli aveva sparato con una pistola di piccolo calibro, regolarmente registrata e appartenuta a suo padre. Che si sia trattato di omicidio premeditato – forse per l’odio che Elvira provava nei confronti di quell’individuo, che riteneva colpevole del gesto estremo di sua sorella – o di legittima difesa a fronte ad una possibile aggressione, è difficile accertarlo. Elvira Castell sembra avere difatti solo ricordi confusi dell’accaduto.

Ma l’articolata vicenda giudiziaria e processuale che si snoderà di lì a poco, ancora una volta costruita con grande maestria da chi, come Carofiglio, conosce a menadito codici e procedure, rappresenta soltanto uno degli aspetti del romanzo, cui si affianca una dimensione intima che indaga il lato più tormentato del protagonista.

La fine della relazione con Annapaola e una mail d’addio inviata da un’altra donna del suo passato, Margherita – “leggerai queste parole quando io non ci sarò più” – hanno aperto una breccia, come era successo 20 anni prima, alla fine del suo matrimonio con Sara. Quando ha iniziato a preoccuparsi dell’umore del suo sacco da boxe, ha compreso che era arrivato il momento di chiedere aiuto. Su suggerimento di Ottavio, si era rivolto al Professor Carnelutti, uno psicanalista di scuola junghiana. Seduta dopo seduta, l’avvocato si è trovato spiazzato di fronte alle proprie fragilità, al riaffiorare dei ricordi del passato e all’interpretazione dei propri sogni, accettando al contempo l’idea che “sbagliare non è una catastrofe, è un passaggio fondamentale dell’evoluzione. Una forma di armistizio con noi stessi. Un modo per diventare persone migliori. Senza commiserazione e senza risentimento”.

In attesa della sentenza, mentre la Corte è riunita in Camera di Consiglio, il protagonista si interroga sul tempo trascorso, sul senso della sua professione, sul desiderio di successo e sull’idea stessa di giustizia. Forse pronto ad affrontare un nuovo capitolo della sua esistenza.

Un’avventura processuale enigmatica e dal ritmo impareggiabile si intreccia a un’affilata meditazione sulla perdita e sul rimpianto, sulle inattese sincronie della vita e sulla ricerca della felicità. La grande abilità dell’autore risiede nella capacità di produrre una straordinaria immedesimazione del lettore con il protagonista, che rimane incollato fino all’ultima pagina coinvolto, commosso, incredulo in questo legal thriller che è al contempo un viaggio psicologico profondo e al tempo stesso delicato.

Un romanzo acuto, brillante, a tratti malinconico, che guarda però con coraggio al futuro e ad una felicità possibile, che non si vorrebbe smettere di leggere e di cui, giunti all’ultima pagina, si sente già la mancanza.


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